LA MAGICA VALLE DI ASHTALAN
venerdì 15 luglio 2016
mercoledì 8 gennaio 2014
CAPITOLO 12 - KIMUTAKO LA GRANDE MADRE
Si era arrivati ad un punto morto nel processo di
radicamento della Coscienza della Regina nel nuovo stato materico-cellulare. La
sua volontà vacillava di fronte alla densità di quel processo, di fronte alla
consapevolezza di quello che avrebbe dovuto affrontare nell’altro mondo. Era
rinchiusa nella sua stanza da due giorni e tutto l’entourage sapeva che non era
un buon segno. La Regina aveva bisogno che la sua energia venisse sostenuta ed
incanalata e c’era una sola persona capace di associare la propria luce a
quella della Regina portando la volontà a compimento, ma restando neutrale alla
tempesta emotiva che questo poteva implicare. Quella persona straordinaria era
la Maga Kimutako, dai grandi piedi e fianchi larghi, segno del radicamento nel
qui e ora e del senso di accoglienza che instillava nel prossimo.
Arrivò con i suoi larghi abiti colorati, la pelle scura e
gli occhi di un verde scintillante. Arrivò con l’aura colma di colori rossi e
aprì piano la porta delle stanze protette.
La Regina era seduta come sempre in meditazione, gli occhi
chiusi, il viso teso, come se non stesse vedendo qualcosa di piacevole.
Kimutako si avvicinò piano, si mise di fronte alla Regina e si inginocchiò in
segno di rispetto. La Regina aprì gli occhi e vide il caldo liquido verde di
quegli occhi luminosi. Sorrise finalmente sollevata. Ora ce l’avrebbe fatta.
Kimutako si mise alle spalle della Regina, nella sua stessa
posizione raccolta, respirò a fondo, chiuse gli occhi e chiamò a sé la Forza di
Dio Padre Cielo e la Radice della Dea Madre Pangea. Visualizzò le due onde di
energia, bianca quella del Padre, pulsante
e brillante, proveniente dall’alto, e una rossa, quella della Madre,
forte, energica, proveniente dal basso.
Le sentì entrare in lei, dalla testa e dall’osso sacro,
scendere e simultaneamente risalire lungo la colonna vertebrale, fortificando
ogni singolo chakra, spandendo luce e calore che si diffondeva piano piano
anche al di fuori del corpo di questa grande donna. La luce bianca e la luce
rossa si incontrarono a livello del chakra del cuore, nella rosa vibrante, e si
fusero dando vita ad una calda tonalità arancio brillante di vita, di slancio,
di speranza, di gioia, di esaltazione e di piacere.
Il calore e la luce si espandevano al ritmo del respiro di
Kimutako, che si mosse, appoggiando le mani sulle spalle della Regina,
sostenendola con la Forza e la Radice, che erano suoi pur non appartenendole.
La Regina emise una lunga espirazione e poi inspirò. Si era
connessa con la Forza dell’Universo e ora era.
Si visualizzò nello spazio, intorno a lei milioni di occhi
luminosi che le sorridevano, le sorelle Stelle.
Una gioia incontenibile la riempiva, poteva raggiungere il
proprio obiettivo, la Missione era lì davanti a lei. Visualizzò i suoi
successori, coloro che avrebbero preso il suo posto una volta che lei avesse
passato la porta.
Lei era esile, i suoi capelli chiari, un viso con
un’espressione di eterno stupore, che esprimeva la capacità di accogliere in sé
di tutte le possibilità.
Lui, un folletto magico, agile, irrefrenabile, con lo
spirito di avventura indomito proprio dell’infanzia dorata.
Ecila e Retep avrebbero condotto la Valle di Ashtalan e
Nalathsa con gioia e dedizione, ora ne era sicura e poteva andarsene.
Tutto si era compiuto.
Kimutako era una di quegli umani che avevano fatto la scelta
evolutiva di risiedere ad Ashtalan dopo aver lasciato il corpo fisico sulla
Terra. La sua anima aveva sentito il forte richiamo di quel posto, dopo averlo
visitato tante volte con il corpo del sogno, e così era stato. Nel momento in
cui era avvenuto il distacco dai legami gravitazionali terrestri, gli occhi del
cuore di Kimutako si era direzionati verso il magico mondo della Valle
Splendente e lì gli Angeli Ambasciatori l’avevano accompagnata, per prendere la
sua forma in mezzo alle creature di Ashtalan.
Questo era stato possibile perché l’impronta animica di Kimutako
era estremamente simile alla vibrazione ashtalana e il sodalizio si era
compiuto. Kimutako poteva rimanere nella Valle a tempo indeterminato, finché
non avesse sentito che la missione per cui si trovava lì fosse giunta al suo
compimento.
Passava le sue giornate studiando la dirompente natura del
paesaggio onirico e vivificante di Ashtalan, assaporando la connessione che
tutti gli esseri dimostravano uno nei confronti degli altri. Era nota a tutti
per la generosità e le capacità assistenziali. Sapeva incutere fiducia e
sostegno con quel suo famoso sguardo verde liquido, in cui ci si poteva perdere
per ritrovarsi sotto una nuova luce di speranza.
Soprattutto la sua assistenza si metteva in opera nei
confronti degli umani che visitavano la Valle durante il Tempo del Sogno, e che
covavano dubbi e indecisione nel cuore. In quel caso, lei sapeva guardare negli
occhi di quei cuori ai quali rifletteva sempre un’immagine delle potenzialità
insite nelle giuste decisioni da prendere. Poi sarebbe stato compito dell’umano
al risveglio mettere in atto quanto assorbito durante il viaggio onirico.
In questo delicato momento di transito della Regina e di
sdoppiamento del mondo di Ashtalan, il suo contributo era fondamentale. Essendo
stata umana ed incarnata nella densità, manteneva in sé questa radice, la cui
essenza era stata capace di trasmettere alla Regina nella sua meditazione,
affinché della densità potesse apprezzare il richiamo, per lasciarsi andare
definitivamente e senza più remore alla propria missione.
Quando la Regina non fosse più stata presente ad Ashtalan,
si sarebbe occupata dei due nuovi reggenti, Ecila e Retep, per aiutare pure
loro nel solidificare definitivamente i mondi doppi.
Intanto sulla Terra, il pianeta grigio, si era verificata
una fortissima scossa tellurica, con epicentro in un punto dell’Oceano
Pacifico, esattamente a metà strada tra i continenti, e fortunatamente per
questo motivo non aveva causato crolli né vittime. Era stato un assestamento
dovuto al nuovo allineamento.
Gli abitanti, ovunque si trovassero, avevano avvertito il
terremoto, ma stranamente questo non aveva lasciato traccia di paura in loro.
Tutti si guardavano intorno con sorpresa, ma quello che provavano era una sorta
di vaga gioia e voglia inspiegabile di ridere. Avevano perso uno strato di
pesantezza: la scossa aveva fatto dimenare il pianeta come un cane si dimena
dopo essere uscito dall’acqua, per scrollarsela di dosso. I cuori erano più
leggeri perché l’azione dei doppi mondi cominciava a fare il suo effetto.
Anche Lluvia cominciava ad avvertire delle piccole mutazioni
dentro e fuori di sé. L’umore era sempre buono, si sentiva allegra ed
ottimista, sentiva che il domani non le avrebbe riservato che rosei
avvenimenti. Sentiva il proprio corpo avvolto in una calda coltre morbida, i
gesti erano fluidi e rilassati e gli spigoli si stavano arrotondando. Le
persone vedevano una bella luce nei suoi occhi e presto cominciarono a farle
strane domande sul suo stato.
Una sera Lupo le mise le mani sul ventre e disse: “La tua pancia mi chiama, non so come
spiegarti, ma ho una voglia irresistibile di toccarla.”
Lluvia lo guardò diritto negli occhi proiettando nel suo profondo
la calda luce e ammise: “Credo di sapere perché… Ti ricordi lo strano sogno in
cui eravamo insieme in quel meraviglioso giardino e abbiamo incontrato
quell’esserino straordinario? Credo che ci sia venuto a fare visita”
“Sarebbe?” chiese lui stupito, balbettando quasi “Vuoi dire
che… vuoi dire che tu.. che tu…”
“Ho forti sospetti di essere incinta” affermò lei
tranquilla. Nel suo intimo non era preoccupata della reazione di lui. Anche
qualora fosse stata negativa, si sentiva talmente serena che qualunque cosa
avesse detto lui, sarebbe andata bene.
“Sono attonito, non me lo aspettavo… anzi, no, se devo dire
la verità, nel mio intimo l’ho sempre saputo, da quando ho fatto quel sogno. Mi
aspettavo che sarebbe successo, non poteva essere altrimenti. Che facciamo ora,
ci sposiamo?”
“Non credo che sia fondamentale. L’importante è sapere se tu
sei felice di questa notizia. Per sposarsi c’è tempo. Abbiamo una casa in cui
abitare. Intanto abituiamoci a questa idea di genitorialità, poi vedremo. Io
sono talmente felice di questo che non ho altri pensieri. Non ho neanche fatto
il test di gravidanza ancora, perché non ne ho bisogno. La presenza di questo
bambino è già talmente forte in me che è come se fosse con me da sempre, come
se tutta la mia vita fosse stata incentrata nel divenirne la madre, il corpo
ospitante per dargli un posto nel mondo.”
“Io sono con te, ora e sempre. Sarà una meravigliosa
avventura. Comunque facciamo un test e una visita, tanto per essere sicuri che
tutto sia a posto.”
La coscienza della
Regina stava fluttuando nel nero infinito, scollata da qualsiasi forma fisica.
Navigava nello spazio, muovendosi con grazia con la forza del pensiero e
contemplava dal suo spazio il proprio luogo natio, la strabiliante Ashtalan,
nell’orbita del pianeta grigio, che girava su se stesso accompagnato dalla sua
luna, e Nalathsa, nuova creatura speculare.
Questo quartetto era fantastico da rimirare, la sua immagine innalzava
la vibrazione della Regina e il suo fluttuare diventava ancora più veloce.
Avrebbe riportato questa matrice nel minuscolo corpicino che si stava
lentamente formando nel ventre di Lluvia, instillando in lei la visione
salvifica per il futuro degli umani.
Quella notte Lluvia sognò di nuovo la bambina, ma questa
volta si ritrovò a fluttuare in un spazio nero profondo e la sensazione la
spaventava un poco. La piccola mano che stringeva la sua però le infondeva
fiducia e lei si lasciò andare alle parole che sentiva nella propria mente.
“Guarda Lluvia, a cosa è destinata l’umanità, guarda come è amata
dall’Universo, che ha disposto ben due mondi al suo fianco per aiutarla a
liberarsi dal grigiore diffuso. Sai perché è nato tutto quel grigio? Sono i
Signori dell’Oro che hanno schiavizzato gli umani, per continuare ad usarli per
i propri scopi meschini, ponendo gli uomini ad un livello di coscienza
bassissimo, facendo loro credere di essere confinati in un destino di morte e
peccato, senza felicità e remissione, facendo loro credere che il Paradiso è
altrove e non nelle loro vite e nel qui e ora. Il mio compito è di illuminare
il grigio e di farlo scomparire, come fanno il sole e il vento con la nebbia.
Grazie per aver accettato di aiutarmi in questo. Io non sono altro che una dei
tanti emissari della felicità universale che ogni tanto scelgono di nascere in
mezzo a voi per insegnarvi il vero sorriso, quello del cuore, che scaccia la
noia e apre al talento dell’anima. Siete uno dei pochi mondi i cui abitanti
sono dotati di anima e questo è un privilegio che vi è costato l’invidia di
molti altri mondi che hanno cercato di colonizzarvi nel corso delle ere per
appropriarsene. Ma la limpidezza e la purezza dell’animo umano sono troppo
vaste per loro e non riescono a capirla, così la sporcano per fare in modo che
voi stessi non crediate nella sua esistenza e nelle possibilità che ha in sé.
Aiutando me tu aiuti te stessa e chi ti sta vicino. Facendo nel piccolo, hai la
possibilità di fare nel grande, poiché l’esempio è il migliore insegnamento.
Seguimi e non aver paura.” Detto questo, le due creature si avvicinarono di più
al pianeta grigio. La superficie era invisibile, nascosta dalla spessa nebbia,
ma qua e là era possibile individuare delle fonti luminose. “Quei brillii sono
umani che hanno imparato chi sono e usano le loro capacità per mantenersi
sempre ad un alto livello vibrazionale. Dove loro sono, la nebbia si dirada e
il cielo diventa visibile. Io ho il compito di far aumentare il numero di
quelle luci, così che aumenti la superficie libera e le stelle tornino a farsi
vedere, dentro e fuori.”
Poiché il tempo del Passaggio della Porta si stava avvicinando,
la Regina sentì che era arrivato il momento di uscire dal profondo stato di
meditazione in cui si trovava per annunciare l’evento alla popolazione di
Ashtalan e presentare i due Reggenti. Presto non avrebbe più potuto farlo,
perché la crescita della Vita che la stava attendendo continuava e la sua
coscienza avrebbe dovuto abitare quel corpicino in maniera definitiva.
Fu così che iniziò il viaggio a ritroso dall’infinito a se
stessa, aprendo lentamente gli occhi e portando la respirazione a livello
superficiale. Avvertì subito la presenza avvolgente della stregonessa Kimutako,
che l’aveva sempre assistita in quei giorni. Il suo aspetto era sereno e
riposato ed emanava una sicurezza leggermente velata dalla malinconia che il
distacco le stava causando. Sentiva di essere ormai tra i due mondi e avrebbe
preferito, potendo, accelerare i tempi per non avvertire più la divisione
interiore insita in quel processo.
“E’ venuta l’ora di parlare alla gente e di presentare a
tutti i due reggenti. Tu mi aiuterai nell’organizzazione. Prima di uscire dalla
meditazione ho lanciato un messaggio a tutte le tribù. Questa sera ci riuniremo
nel palazzo e potrò salutare Ashtalan. Dopodiché i nostri contatti avverranno
solo a livello onirico, mia cara, ma sono contenta. So che il distacco mi farà
ottenere grandi risultati sul pianeta grigio e sono sempre più sicura di aver
fatto la scelta giusta con le due creature che mi ospiteranno.
Prima di allontanarmi definitivamente voglio intercedere
presso i Signori del Tempo, affinché, al termine della mia esistenza terrestre,
io sappia già da ora dove potrò andare e in cosa mi trasformerò. Non voglio
trovarmi persa, una volta che la mia coscienza lascerà quel corpo, quando sarà.
Chiederò ai Signori di inviarmi degli emissari che mi guideranno in un posto
sicuro per riprendere il mio ciclo vitale luminoso in questa dimensione. So che
molti di noi non sono riusciti a mantenere il contatto a causa della densità
sperimentata e non sono più tornati. La loro coscienza si era talmente identificata
con i limiti umani che non sono più stati in grado di fare ritorno.”
“Sono sicura che i Signori non avranno nulla in contrario ad
acconsentire alla tua richiesta. Tu hai sempre dimostrato di essere all’altezza
dei compiti che ti sono stati assegnati. Ma hai già deciso in cosa
trasformarti?”
“Ho avuto delle visioni durante la meditazione. Sono entrata
nelle profondità di Ashtalan e ho sentito il suo cuore palpitante. Voglio
mettere la mia luce al suo servizio e voglio integrarmi completamente in essa,
quindi ho deciso che, quando sarà, la mia coscienza andrà ad abitare la roccia
che costituisce le fondamenta del mio palazzo, voglio abitare la pulsazione di
luce da cui tutto parte, farne parte e vivificarla.”
“Ma così non ti vedremo! Non potremo venire a ripararci
sotto le tue fronde, se tu fossi un albero, come tuo padre ha scelto, o
ammirarti che tu diventassi un fiore o una fata! Non potremo più vederti!”
“Ma mi percepirete chiaramente! Saprete quando tornerò,
perché la mia presenza sarà viva e palpitante e sarò disponibile
telepaticamente per tutti voi. Vi ispirerò e vi racconterò della mia
esperienza, cercando di stimolare altri a seguire il mio esempio. Istruirò chi
lo vorrà fare e il mio insegnamento sarà prezioso. Cosa temi? Piuttosto, ho bisogno
che tu organizzi una scuola con questa finalità, mentre io sarò via, così al
mio ritorno le informazioni saranno ancora fresche in me. La sede dovrà essere
naturalmente il palazzo, perché sarà li che la mia coscienza sarà facilmente
percettibile.”
Il salone principale del palazzo presentava uno spettacolo
variopinto e meraviglioso, come solo l’unione di quattro arcobaleni sa
installare nei cuori. Le più strabilianti tonalità di colore erano una di
fianco all’altra, abitanti le varie creature delle diverse tribù. Lampi di
giallo limone, scie di verde smeraldo, macchie di blu cobalto, aiuole di fucsia
acceso e poi arancione e magenta, verde pisello e marrone opalescente, viola
pulsante e azzurro cielo. La visione era delle più strabilianti. Occhio umano non
avrebbe potuto rimirarla senza far impazzire di gioia il cervello a cui
appartiene. Poi, su tutto, la fulgida luce rosea della Regina, piccola ma
enorme nella sua luminosità. Alle sue spalle, la maga Kimutako, coi i suoi
colori marroni della terra più fertile e lo sguardo verde liquido e al suo
fianco due fanciulli, lei in azzurro, lui in verde, Ecila e Retep.
“Come sono contenta di avervi tutti qui con me, cari
fratelli e compagni di viaggio!” iniziò la Regina. “Sapete che vi ho adunati
per salutarvi, ma non siate tristi, il contatto onirico ci sarà sempre: a me
servirà per non dimenticare e a voi per avere guida e sostegno. Sarò immersa in
un’altra dimensione, ma visitarvi in sogno mi permetterà di tenere il mio
livello energetico alto, che mi sarà immensamente utile per portare a termine
la mia missione.
Ora vedete qui accanto a me altre due creature a voi
sconosciute. Vi aspettavate un solo successore e ne trovate due. E’ accaduta
una cosa straordinaria dopo il mio colloquio con i Signori del Tempo. Grazie
all’osservanza della Profezia del Tempo e agli aspetti planetari che lo
consentono, il nostro mondo si è sdoppiato, occupando un posto al lato opposto
del pianeta grigio. Questo significa che il potere del Sogno è aumentato.
Ognuno di voi ha un altro sé in tutto e per tutto uguale, che abita nel mondo
al polo opposto, Nalathsa. Capite che profonda magia? Lavoriamo su una base
doppia, possiamo essere doppiamente felici e sognare due volte più forte,
perché quello che il vostro altro sé sperimenta, voi lo percepirete e sarete in
contatto con lui o lei. Gioiamo insieme ora di questo evento straordinario e
inviamo un fascio di luce atomica sul pianeta grigio, vedrete come servirà ad
illuminarlo e a diradare la nebbia, anche se per un tempo limitato!”
E così fu che i due arcobaleni che collegavano Ashtalan e
Nalathsa avvolsero completamente il pianeta grigio, i cui abitanti in quel
momento credettero di sperimentare uno spostamento dell’asse del globo. Ma
ognuno di loro tornò bambino per un istante e
si precipitò ad abbracciare chiunque fosse lì vicino.
Su Ashtalan, intanto, la riunione continuava, mentre Ecila e
Retep stabilivano un contatto con le tribù, mettendosi a loro disposizione,
lasciando che le loro coscienze sondassero i due giovani cuori.
La Regina parlò di nuovo: “Ora tornerò ancora una volta
presso i Signori del Tempo e definirò i dettagli per il mio ritorno, quando
sarà. Questa è l’ultima volta che vi parlo, il mio tempo ora è con la nuova
dimensione. Custoditemi nei vostri cuori e nelle vostre menti e che i ponti
arcobaleno vi colleghino alla fonte. “
Detto questo si ritirò nelle sue stanze e nessuno tranne
Kimutako la vide più in quella dimensione. Il compito della maga stregonessa
non era ancora terminato al fianco della Regina. Al momento della nascita del
corpo terrestre, Kimutako avrebbe dovuto custodire il corpo della Regina fino
al suo ritorno, fino al momento in cui questo avrebbe permesso l’altra
trasformazione che la Regina aveva già scelto.
Lluvia aveva sentito parlare della possibilità di poter
partorire in casa, sicuramente un procedimento poco ortodosso per i tempi
moderni, in cui ogni nascita è estremamente medicalizzata, ma che avrebbe
permesso la massima libertà di gestire questo momento così estremamente
importante. Considerava importantissimo garantire al proprio figlio un
risveglio sul nuovo mondo quanto più dolce possibile e fu così che cominciò la
sua ricerca. Ovviamente la maga Kimutako aveva già smosso le acque dalla sua
dimensione cercando di ispirare una delle migliori ostetriche disponibili, che
avesse anche un occhio per la magia naturale, cosicché la reincarnazione della
Regina avrebbe conosciuto le giuste mani appena atterrata.
Un giorno, casualmente,
Lluvia trovò un opuscolo nel negozio di biologico vicino a casa che
pubblicizzava il parto dolce. Il nome dell’ostetrica era Arianna e questo nome
pieno di vento la ispirò subito. Chiamò e il suono della voce dall’altra parte
la convinse ancora di più. Arianna le spiegò che avrebbero cominciato a vedersi
a partire dal sesto mese di gravidanza con cadenza settimanale e lei l’avrebbe
guidata passo a passo fino alla fine.
Il primo incontro fu molto rassicurante per Lluvia, che, pur
essendo molto convinta della scelta fatta, non nascondeva di temere il momento.
Arianna arrivò a casa sua – era una donna molto solare, sulla cinquantina, con
un caschetto di riccioli, due curiosissimi occhi azzurri e la bocca sempre
pronta al sorriso. Il nome le calzava a pennello, perché la sua presenza
portava una ventata di aria fresca e anche il suo modo di esprimersi era molto
svagato, come se mentre parlava avesse in mente qualcos’altro. All’inizio
questa cosa lasciò Lluvia un po’ perplessa, ma con il passare dei minuti
Arianna dimostrò tutta la sua competenza, spiegandole molto dettagliatamente
cosa sarebbe potuto succedere, condividendo esperienze e soprattutto insegnandole
la cosa più importante: l’uso della voce, strumento che permette alla
madre di mettersi in contatto con il bambino attraverso
le vocalizzazioni. Questa pratica estremamente semplice permetteva alla madre
di imparare un tipo di respirazione profonda che agiva sull’addome e che
sarebbe stata fondamentale al momento dell’espulsione. Le spiegò ovviamente che
la puerpera non sarebbe stata sottoposta ad alcuna delle pratiche ospedaliere
pre-parto, tutto sarebbe avvenuto seguendo i ritmi nautrali della madre e del
bambino, ma qualora fosse intervenuto il minimo problema sarebbero corse in
ospedale.
Erano sedute a gambe incrociate nel piccolo salotto
accogliente di Lluvia e con le mani sul ventre incominciarono la
vocalizzazione: un profondo respiro e il suono in emissione durante
l’espirazione. Ogni suono emesso faceva vibrare internamente il corpo di Lluvia
e lei sentiva che le correnti energetiche si sistemavano al giusto posto, come
se il respiro consapevole avesse il potere di ripristinare antichi equilibri
dimenticati. L’esperienza fu molto piacevole e Lluvia ringraziò il Cielo di
cuore per quell’incontro. L’angoscia che l’aveva accompagnata negli ultimi
giorni pensando al parto e alla sua solitudine di dolore si dissolse.
Era talmente contenta che quando la sua famiglia si disse
assolutamente contraria a questa pratica, da loro definita da incoscienti, lei
dichiarò: “Sono io che devo partorire e non voi! Quindi farò come ho deciso!”
Si stava avvicinando lo scadere del tempo e per tutto quel
periodo la Regina aveva lavorato affinché la vasta coscienza di luce potesse
restringersi al punto tale da rientrare ordinatamente all’interno di una coscienza
umana. Dal suo spazio contemplativo era entrata sempre più in comunione con le
anime di coloro che sarebbero stati i suoi genitori, esplorando e sondando i
loro cuori nella profondità, così da fissare un legame la cui memoria sarebbe
rimasta, anche quando le leggi terrestri avrebbero cancellato i ricordi del
passato. Ciò che stava conoscendo di loro le piaceva: il coraggio appena
risvegliato di Lupo, coraggio di ammettere la propria vulnerabilità di fronte
alla vita, la sua capacità di ammettere di sentirsi piccolo, la sua tenerezza
intrinseca e la sua voglia di essere immensamente amato. La forza di Lluvia,
che a volte la faceva apparire troppo dura, ma che era generata dalla
predisposizione a guidare e trascinare gli altri verso qualcosa di migliore. Lluvia
non poteva sopportare di vedere qualcuno sprecare la propria vita nascosto
dietro le paure e per questo spronava continuamente chiunque, diventando a
volte assillante. Ma la sua era sete di libertà, di spingersi sempre più
avanti, come se i suoi passi l’avrebbero prima o poi condotta alla fine
dell’arcobaleno. Ancora non sapeva che la strada imboccata le aveva permesso di
custodire nel proprio ventre colei che l’avrebbe portata direttamente dove
nasce l’arcobaleno.
Il processo di restringimento della coscienza non era stato
semplice. In realtà non lo è mai per nessuna anima, dopo che ha conosciuto lo
spazio dell’infinito, ma soprattutto non lo era per la Regina, che non aveva
mai provato prima l’esperienza. Il fatto di aver scelto di scendere l’aveva aiutata
tanto perché aveva dato al suo viaggio un carattere di forza, che aveva
facilitato il processo. Nell’oscurità infinita della contemplazione del
processo di crescita cellulare, le mille luce sprigionate dalle molecole in
movimento avevano accresciuto la sua gioia, permettendole così di tenere sempre
alto il livello di energia interiore.
Ora la sua coscienza era stabile dentro il corpicino ormai
formato e lei aveva preso confidenza con la forza di gravità che la spingeva
verso l’uscita. Arrivò un momento in cui sentì una forte pressione dall’esterno
e sua madre cacciò un urlo. “Ci siamo, Lupo, chiama Arianna. Credo che la
bambina voglia nascere ora.”
Lupo fu preso dal panico. Una cosa era teorizzare sulla nascita
in casa come fatto romantico di nido familiare custodito, una cosa era
trovarcisi in mezzo, considerando che erano le due del mattino e si era appena
svegliato di soprassalto.
Nel frattempo Lluvia, molto serenamente, si era alzata dal
letto e si era accorta che le si erano rotte le acque. Si accinse a mettere su
un po’ di musica e si infilò un pareo, accendendo degli incensi. Ogni volta che
sentiva una contrazione, respirava profondamente e muoveva il bacino roteandolo
per facilitare l’incanalamento del feto. I dolori non erano ancora molto forti
e lei camminava per casa cantando Aretha Franklin a squarciagola, con buona
pace dei vicini.
Quando arrivò Arianna la situazione era abbastanza avanzata.
Sul pavimento della camera da letto erano stati spiegati dei teli di plastica
per evitare di sporcare, e poi successe. Fu un movimento estremamente
spontaneo. Lluvia non era più nel corpo, che si muoveva da sé, sapendo bene
cosa fare. L’eredità genetica di milioni di donne che avevano compiuto
quell’atto prima di lei la guidò nelle azioni e lei si ritrovò a spingere con
tutte le forze attaccata al collo di Lupo, il quale, onde evitare di cadere, le
andò a prendere una sedia. Facendo forza sulla sedia, il corpo di Lluvia
spingeva verso il basso e con poche spinte la creatura fu fuori. Le ultime
parole di Arianna furono: “Spingi, che riesco a vedere già i capelli!” I
capelli! Che emozione! In un attimo la bimba fu fuori. Si accasciarono tutti a
terra stremati, la bimba tra le braccia di Lluvia, con la testa reclinata. La
scena fu strabiliante. La bimba aprì un occhio, guardò la madre e poi il padre,
come per vedere se erano proprio loro, coloro che lei aveva scelto. Poi
appoggiò il capino sul braccio della madre e chiuse gli occhi. Fuori stava
sorgendo il sole.
Il viaggio della Regina era stato portato a compimento,
l’atterraggio era avvenuto. Ora l’atmosfera su Ashtalan e Nalathsa era ancora
più gioiosa, se possibile. I colori moltiplicarono la loro potenza, irradiando
scie di aurore boreali come non se ne erano mai viste da quelle parti. I membri
delle varie tribù presero a muoversi ovunque per la Valle, e così facevano i
loro doppi su Nalathsa, portando ovunque la gioia del proprio cuore, generando
una quantità immensa di energia positiva che si propagò lungo i due arcobaleni
che univano le due palla-neve alla Terra. Da lì tutta la luce colorata si unì
ed entrò nel punto di congiunzione dei poli nord e sud del pianeta grigio, che
ne fu investito, e andò ad immagazzinarsi al suo centro, nel cuore di cristallo
di quel globo. Lì l’antico cristallo a forma di prisma, nucleo vitale del
pianeta, si colorò di mille sfumature iridate, emanando a sua volta un bagliore
caldo e pulsante che saliva lentamente verso la superficie, nutrendo e
purificando ogni singola cellula vivente di terreno, di roccia, di sedimenti,
di acqua salata, di mondi interni, fino ad arrivare a toccare la crosta del
pianeta, i cui abitanti cominciarono ad avvertire un tepore molto piacevole che
fuoriusciva dal terreno. Gli animali furono i primi ad avvertire l’onda d’amore
che stava arrivando e nella loro saggezza seppero che un evento importante si
stava verificando e che presto sarebbe finito il periodo di schiavitù nei
confronti della razza umana.
A palazzo ad Ashtalan Kimutako e i 2 reggenti erano raggianti,
decisero subito di riunire tutte le genti per creare una rete di contatto
telepatico con la Regina ed aiutarla in quel momento così delicato. Avrebbero
fatto in modo che il contatto non cessasse mai, almeno per i primi tre anni di
vita terrestre, il periodo in cui un umano è più esposto alle emozioni
dell’ambiente, senza protezioni o filtri. Avrebbero organizzato un comitato
addetto al contatto che si sarebbe dedicato a turno alla meditazione per
sostenere, proteggere e nutrire la mente e il cuore della Regina. Inoltre era
necessario ispirare nei genitori la scelta del giusto nome per la Regina. Il
suono del nostro nome è la vibrazione che ci accompagna tutta la vita e il suo
significato parla di noi e della nostra essenza. Era importante che la Regina
indossasse la giusta sonorità, perché questa sarebbe stata la sua prima
impronta. Bisognava fare in modo che il cammino iniziasse nella maniera
migliore. Kimutako aveva sentito il suono che doveva indossare la Regina, ed
era una parola che le parlava della sua antica terra, l’Africa. Era un suono
dolce e breve, il cui significato nel mondo in cui la Regina era andata era
meraviglioso e la legava intrinsecamente con esso: Grande Madre. Questo nome
richiamava la missione di cui la profezia l’aveva investita e propiziava il
giusto atteggiamento che avrebbe dovuto tenere durante l’età adulta e non solo.
La parola era SOUF.
In effetti Lluvia, poco prima di partorire, stava leggendo
un libro di racconti africani, da cui era molto affascinata, da quando l’anno
prima era stata in viaggio in Tanzania, a fare un bel safari fotografico nel
parco Serengeti. Non si mai sentita così libera e sperduta in vita sua, in
quegli immensi spazi desertici dove non si vedeva traccia umana all’orizzonte,
in contatto con il cielo stellato la notte e respirando la polvere primordiale
di quelle terre antiche di giorno. Era stato un viaggio che si era portata nel
cuore per molto tempo e al ritorno aveva appeso per casa pezzi d’Africa che
aveva acquistato e le permettevano di tornare a vivere quell’atmosfera calda e
piena di colore che quel luogo le aveva regalato. Da allora aveva letto molto
su quel paese e le era anche capitato tra le mani questo libro di racconti, in
cui si parlava di una donna di nome Souf, un po’ strega, un po’ sacerdotessa,
che si era presa cura di un intero villaggio durante una carestia e aveva
salvato molte vite amministrando i pochi viveri con saggezza. Le era piaciuta
questa figura femminile coraggiosa che aveva tenuto testa agli uomini del suo
villaggio e aveva cominciato a ripetersi spesso il suo nome, tra sé e sé.
Parlandone con Lupo, anche lui si era trovato affascinato da
quel suono, perché per loro tale era, più che un nome vero e proprio, e insieme
avevamo deciso di pensare seriamente a questa opzione, anche perché non
riuscivano a farsi convincere da alcun altro nome.
Al momento della nascita Lluvia aveva guardato quel
corpicino abbandonato sul suo ventre, la piccola testa piena di capelli scuri e
umidi, e aveva sussurato: “Benvenuta sulla Terra, cara piccola Souf, sapremo
prenderci cura di te.”
La piccola Souf aveva vissuto quell’esperienza come un
viaggio interminabile attraverso mille stati d’animo, dove, da una condizione
di pace assoluta, dovuta anche alla comunione estremamente intima che aveva raggiunto
con la vita emotiva della madre che la ospitava, aveva negli ultimi tempi
cominciato ad avvertire una condizione quasi claustrofobica. I movimenti erano
ridotti al minimo, e soprattutto erano assolutamente al di fuori del suo potere
decisionale e dettati dall’istinto del DNA umano. Così aveva sentito l’urgenza
di posizionarsi verso quello che doveva essere il fondo del ventre materno,
sulla bocca di quella che avrebbe dovuto essere la via d’uscita dalla sacca di
crescita dove era stazionata tutti quei mesi. Sentiva una grande pressione
dall’esterno e una forza che la obbligava a farsi strada in quel tunnel troppo
stretto. La testa premeva e le doleva, sentiva il corpicino dolere e una grande
urgenza di uscire di lì al più presto. Ad un certo punto, la testa si trovò
incastrata e non si poteva più muovere, ma fortunatamente durò un secondo. Alla
fine si sentì sgusciare in uno spazio infinito, dove non c’erano più pareti di
protezione intorno a sé, ma avvertì il calore del contatto con un'altra fonte di
protezione, il corpo di sua madre vissuto dall’esterno. Realizzò di essere
atterrata. Trovò la forza nella sua infinita sfinitezza di aprire un occhio e
guardare gli esseri che la circondavano, poi si addormentò.
CONTINUA
CAPITOLO 11 - LA FORZA COMPLEMENTARE
All’inizio fu una miriade di luci, mille punti esterni che convergevano in un
centro, compattandosi a formarne uno unico, la prima cellula madre, il Fiore
Sacro della Vita, il Segreto della Geometria Sacra della Vita, la forma
primordiale, il Centro dell’Esistenza.
Dalla prima nasceva la seconda, poi la terza, e via via,
accumulandosi una intorno all’altra, rotonde, eleganti nella loro danza di
assembramento.
I suoi occhi potevano osservare bene il loro gioco
meraviglioso, stupiti, perché la Vita crea sempre lo Stupore del Risveglio,
anche nelle coscienze più elevate.
La prima cellula cominciò a roteare su se stessa
vorticosamente, velocissima, e così facendo si espandeva in una seconda unità,
uguale in ogni caratteristica, la prima cellula figlia.
Intorno era tutto buio, un buio mai visto né sperimentato
prima, un buio che inghiottiva ogni cosa, che conteneva in sé la latenza del
Tutto ed era da quella latenza che provenivano le luci, chiamate in causa da
una Coscienza che aveva bisogno di loro per prendere una forma che la
contenesse, che fosse adeguata a contenerla. E quel buio sapiente e onnisciente
emanava un quantum di luce perfetta e ideale per quel tipo di Coscienza che lo
stava richiedendo.
Come tante creature dell’Acqua, anche la Sirena Taoshin era
nota a pochi. Se ne stava tutto il tempo sullo scoglio sotto la montagna sacra Eleirbag,
dove sapeva di poter trovare le sue amiche Fate, le uniche creature non
acquatiche a cui dava confidenza, anche per via del linguaggio – la telepatia
era diffusa anche tra le Sirene, ma le immagini erano diverse a causa della
diversità dell’elemento in cui si trovavano immerse.
L’Acqua trasportava i pensieri e le immagini più lentamente
dell’Aria e quando le Sirene provavano a comunicare con i componenti delle
varie Tribù, questi vedevano arrivare nel proprio spazio mentale immagini
talmente rallentate che il messaggio veniva completamente distorto. Immaginate che
vi si voglia parlare di un pesce. La lentezza delle onde propagate nell’acqua
avrebbe allungando il pesce fino a farlo diventare un’anguilla. L’equivoco era
forte!
Nel caso in cui erano gli altri a voler comunicare alle
Sirene, queste venivano colpite da una profusione di scintille all’interno del
proprio cervello che non riuscivano ad afferrare neanche un minimo fotogramma.
Con le Fate era diverso, la loro natura profondamente immersa nella Magia, così
simile a quella delle Sirene, disponeva un ponte di luce, una corsia
preferenziale tra le due razze che non c’era proprio bisogno di immagini per
comunicare, perché era il cuore che si connetteva all’istante.
Quel giorno, Taoshin, come al solito, andò a cercare la
compagnia delle sue amiche per essere informata sugli ultimi eventi, visto che
anche nel mondo subacqueo era arrivato sentore dell’imminente cambiamento
planetario.
Arrivò Aifòs, la fata preferita di Taoshin, perché era la
fata della Lavanda e Taoshin adorava quel profumo che occultava il suo afrore
leggermente ittico.
Le due creature posero i loro cuori uno di fronte all’altro
e il dialogo ebbe inizio:
“Quello che mi chiedi è vero, mia cara amica incrostata di
alghe, cara creatura iridescente dai mille colori. La Regina ha intrapreso il
viaggio e noi tutti dovremo prestissimo trovare un sostituto. Per ora si trova
ancora tra noi fisicamente, ma la sua Coscienza è sempre impegnata nella Veglia
della Creazione, per seguire il riprodursi cellulare da vicino e dare ad ogni
fase di gestazione la giusta energia.
Abbiamo un battito di ciglia per trovare il sostituto e i
Signori del Tempo ci stanno aiutando dalla loro dimensione. C’è una giovane che
appartiene alla tribù della Regina che sarebbe adatta, ma ora che l’atmosfera
nel mondo dei Grigi sta appesantendosi sempre più, anche il governo del nostro
mondo è destinato a modificarsi e sicuramente sarà necessario mettere insieme
un polo positivo e un polo negativo per creare una connessione maggiore e un
radicamento orbitale più forte verso quel mondo.
L’intuizione è arrivata al Grande Signore del Tempo Ahau, il
quale ha visto due volti di opposte fattezze unirsi e creare un’orbita perfetta
– questo significa che alla giovane si unirà presto un giovane, che sembra già
essersi fatto strada all’interno della Tribù. A loro starà l’ancoraggio e la
sopravvivenza del nostro mondo.
Ma io non temo nulla, tutto è in divenire e noi non potremo
mai scomparire perché i sogni vivranno sempre nel cuore di qualsiasi essere
vivente”.
Taoshin espanse il proprio cuore ad abbracciare l’amica fata
Aifòs con un caldo raggio di luce, ad esprimerle la sua essenza e presenza, la
consapevolezza di quanto appena appreso e la divulgazione che avrebbe dato alla
notizia nel mondo subacqueo.
Chinò il capo in cenno di saluto, al quale Aifòs rispose
facendole comparire davanti un’orchidea viola e si tuffò nel Fiume Prezioso.
Nuotando verso la Grotta Profonda, che ospitava il Popolo
delle Sirene, Taoshin chiamò a raccolta le sorelle e i fratelli, a cui emanò
l’immagine del messaggio appena ricevuto.
L’energia del mondo di Ashtalan stava per cambiare per
sempre. Il polo unico si stava sdoppiando, questo significava che il loro mondo
avrebbe presto emesso uno specchio di se stesso, che avrebbe polarizzato il
mondo dei Grigi dal punto opposto da cui si trovava la bolla contenente
Ashtalan.
L’effetto sarebbe stato dirompente sul mondo dei Grigi, che
avrebbe ricevuto due impulsi esterni contemporaneamente, opposti ma simmetrici
e perfettamente complementari, e avrebbe ospitato l’energia di Luce della
Regina.
Finalmente si cominciava a fare sul serio.
La visione, a osservare il fenomeno da un punto dello spazio siderale, era di una bellezza
incredibile: un’armonia di luci e di splendore, come una prolungata aurora
boreale che abbracciava tutto lo spettro iridato dei colori.
La piccola bolla di luce a fianco del globo ora ingrigito,
ma anticamente noto come Pianeta Azzurro, emise dal suo apice e dal suo pedice
due fasce multicolori, due arcobaleni sinuosi che si mossero circumnavigando il
globo da sopra a sotto e si andarono a posizionare all’estremità del pianeta
opposta a quella della piccola bolla e si coagularono in un’altra forma
rotonda, esteriormente ed intimamente uguale all’altra.
Si era appena generato il polo di forza complementare.
CONTINUA
CAPITOLO 10 - L'INCONTRO SPECIALE
Nella sua abitazione Lluvia stava per andare a dormire. Era
stata una giornata speciale, era riuscita a riconciliarsi con Nestore, il quale
aveva dimostrato di comprendere il meccanismo malato che la propria madre
metteva in atto nei suoi confronti e aveva deciso di non accettare più le sue
richieste inopportune. Avevano deciso insieme che era venuto il momento di
affrontare una relazione matura, che portasse ad entrambi soddisfazione e
comprensione reciproca. Era successo tutto nel pomeriggio dopo il lavoro. Nestore
la stava aspettando fuori dal posto di lavoro. Lluvia non si stupì di vederselo
davanti, ne fu contenta intimamente e gli sorrise volentieri.
Lui allargò le braccia e lei si tuffò in quell’abbraccio di
riconciliazione così rassicurante.
“Scusa, ho capito la situazione. Alla fine ieri sera ho
telefonato a mia madre e le ho detto che non sarei andato perché avevo voglia
di rimanere da solo. Ci è rimasta malissimo, ma le ho spiegato che alla mia età
non c’è più bisogno delle lasagne della mamma. Ho cercato di usare parole
gentili, per non offenderla troppo, ma avrei anche potuto baciarle i piedi,
tanto non sarebbe cambiato nulla. Le ho detto che papà sarebbero stato contento
di averla tutta per sé, lei e le sue lasagne. Mi ha comunque dato una risposta
acida e ha chiuso il telefono. Mi dispiace molto per la sua testardaggine, ma
la tua reazione ha aperto una breccia nella mia mente e ho visto il quadro
dall’esterno. Grazie, anche se ci sono stato tanto male.”
Lei lo guardò molto stupita: “Accidenti! Dovevo reagire in
questo modo molto prima, se questo è il risultato! Bene, hai fatto un bel passo
avanti. Ieri sera ero decisa ad arrivare ad estreme conseguenze con te, se
volevi continuare con quest’atteggiamento. Sul serio! Sono molto stanca di non
avere attorno a me situazioni piacevoli ….”
“L’ho capito, sai. Per questo sono riuscito a fare questo
salto di comprensione. Sentivo di averti spinto oltre un limite da cui forse
non potevamo più tornare indietro. Ci tengo tanto a noi, a questo rapporto che
abbiamo creato. Con te ritrovo un senso e riesco ad uscire dal guscio in cui mi
piace tanto rifugiarmi. Non mi va di rinunciare a noi due, solo perché non
riuscivo a vedere il cordone che ancora mi legava alla mia infanzia, alle
aspettative di mia madre. È da un po’ che ne ero stanco, ma non me rendevo
conto. Mi sentivo insoddisfatto ma non avevo messo a fuoco il motivo. In realtà
più ci penso, più mi vengono in mente episodi di come mi sono messo da parte
pur di far contenti i miei, soprattutto lei. Figurati che oggi mi sentivo
talmente male che non ho neanche mangiato. Avevo un nodo nello stomaco, mi
sentivo la testa pesante, ero uno straccio. Mi sono preso il pomeriggio libero,
mi sono fatto un tè caldo e mi sono messo a letto. Quando mi sono svegliato mi
sentivo un altro. Ho voglia di cominciare qualcosa di nuovo, mi sento un sacco
di energia addosso, potrei iscrivermi a un corso di kick boxing o prepararmi
per la maratona di New York, che ne so…”
Lluvia non credeva alle proprie orecchie e non riconosceva
quell’uomo che aveva davanti, così sempre molto controllato nelle parole e
nelle esternazioni emozionali. Questo era loquace e aveva un fuoco negli occhi
che il solito Nestore non aveva mai mostrato.
“C’è una nuova luce in te, la percepisco bene. Credo che ti
chiamerò con un nuovo nome, per festeggiarne l’apparizione. Non assomigli alla
persona con cui ho parlato fino a ieri”
“Ma che dici? Un nuovo nome? Bè, può essere una cosa carina,
ma che resti tra noi …”
“Ecco, adesso ti riconosco di nuovo. Senti, Nestore vecchio,
sparisci! Io voglio quello nuovo di due secondi fa!”
Nestore rise di cuore e l’abbracciò più stretta. Finirono in
pizzeria e poi a casa di Lluvia a fare l’amore appassionatamente, come se si
fossero ritrovati dopo anni di inseguimenti infruttuosi e frustranti, ma anche
con una nuova curiosità, come se non si conoscessero ancora.
Dopo l’appagamento, Lluvia guardò Nestore e gli disse: “Da
oggi per me sarai Lupo, perché la luce del tuo sguardo ha la stessa magia del
mitico animale, che come sai è anche il mio preferito. Io adoro il lupo perché
è magnifico d’aspetto ed ha una regale dignità in sé, è solitario ma sceglie
solo una compagna alla volta e ama la sua famiglia e i suoi cuccioli”
“E adesso perché mi parli di cuccioli?”
“Senti, Nestore ….”
“Ok, ok, ti faccio finire”
“Grazie. Ieri ti ho parlato di un mio sogno, anche se forse
tu non ci hai dato peso. Bè, è stata un’esperienza stranissima. Mi è apparsa
questa strana creatura, una bimbetta di due anni con un abitino delizioso, che
però si atteggiava come un adulto, parlava come un adulto! Lei mi ha detto che
io sarò coinvolta in non so bene quale missione … Non riesco a smettere di
pensarci. Per questo ti parlo di cuccioli, perché l’immagine di quella bimbetta
mi è rimasta impressa dentro nel cuore”
“Tu mi devi scusare, ma io a volte tendo a sminuire la tua
indole sognatrice. È che per me non ha molto senso, anche se te la invidio,
perché ti rende così gioiosa. Però devi ammettere che non si può dar retta a
ciò che si sogna. In fondo sono proiezioni dell’inconscio …”
“Normalmente anche io penserei così, ma ti garantisco che
questo era diverso. Il giardino in cui era ambientato il sogno era così reale,
mi sembrava di esserci in carne ed ossa. Non so come spiegartelo, ma sentivo il
profumo dei fiori, il rumore di un fiume, il tatto di quella manina … non è
stato solo una proiezione del mio inconscio, anche perché, per quanto io sia
sognatrice, tutto quel giardino delle meraviglie non appartiene alle mie solite
immagini.
A parte questo, lasciamo stare i cuccioli, era solo per
spiegarti il carattere del lupo”
“Certo, amore. Ascolta, anche se mi muore il cuore devo
andarmene. Domattina devo essere in ufficio prestissimo per recuperare la mezza
giornata che mi sono preso oggi”
“Va bene, non ti preoccupare. Mi dispiace per te che ti devi
rivestire ed uscire, ma sai che per me non c’è problema”
“Sì, in effetti mi chiedo perché insisti a voler vivere da
sola. Potremmo dividere le spese se vivessimo insieme”
“Verrò a vivere con te quando leggerò nei tuoi occhi la
voglia completa di condivisione con me che non siano solo le spese di casa”
“Ok, come non detto. Ciao amore, sei stata stupenda stasera.
Ti chiamo domani”
Rimasta sola Lluvia si stese nel letto e scivolò nel sonno.
A quel punto, ad Ashtalan, 70 raggi di luce d’amore emessi
da ogni singolo membro del Cerchio Sacro avvolsero contemporaneamente la figura
della piccola Regina, assisa nella posizione del Loto, che cominciò a
sollevarsi da terra.
Lluvia si ritrovò nello posto magico che le era tanto
piaciuto. Riconobbe il sentiero e cominciò ad incamminarvicisi, curiosa di
scoprire cosa l’aspettava lungo la strada. Appena scesa la piccola collina,
quando lo sguardo si apriva nell’interezza della Valle di Ashtalan, fu troppo
stupita per credere ai propri occhi: a circa un chilometro di distanza c’era
una figura maschile, innegabilmente simile a Nestore, anzi a Lupo, perché se si
trovava lì non poteva che essere Lupo! La gioia fu incontenibile, gridò il suo
nuovo nome e agitò il braccio in senso di saluto. Lui alzò lo sguardo. Lluvia
non riusciva a distinguere i tratti, ma capì che doveva essere sorpreso quanto
lei. D’istinto si corsero incontro, non riuscendo a trattenere la gioia e lo
stupore di quell’incontro particolare nella dimensione del sogno. Nel momento
in cui la distanza stava diminuendo, apparve davanti a loro nel mezzo del
sentiero una luce accecante che piano piano si assorbì in se stessa e lasciò al
suo posto un neonato di una bellezza straordinaria, bianco e rosa, due occhi dal
dolce sguardo di cerbiatto e due rotonde guance paffute. Stava sdraiato sulla
schiena, appoggiato su una morbida aiuola di viole mammole di un abbacinante
color viola. Era seminudo, ricoperto di una copertina di pizzo bianco ed
emanava un caldo bagliore, retaggio della luce appena svanita. Gli occhi erano
rivolti al cielo, del suo stesso colore, vigili ed attenti, penetranti.
Entrambi rallentarono e si avvicinarono cauti. Pur rendendosi conto di star
sognando, Lluvia già sapeva che quello che stava vivendo era un evento speciale
e si predispose ad accogliere questa esperienza con tutto il cuore. Lupo era
invece immerso completamente nella fase onirica e osservava con curiosità la
scena. La sua coscienza gli immetteva luce nell’anima per aiutarlo a lasciar andare
le barriere oniriche e vivere con tutto se stesso quella realtà traslata. Il
miracolo avvenne non appena gli occhi di Lupo furono agganciati da quelli del
neonato. La profondità di quell’azzurro rosato lo penetrò nell’intimo e lui non
poté resistere al richiamo. Si inginocchiò commosso e sentì come la dimensione
del sogno si stesse trasformando in un’esperienza molto vicina alla veglia. La
percezione che aveva delle proprie emozioni era molto chiara, come se
l’atmosfera che lo circondava nutrisse una consapevolezza del nuovo sé che era
appena emerso il giorno prima. Riusciva a percepirsi in una totalità
sconosciuta, gli erano chiari i desideri, gli obiettivi da conseguire, ciò che
poteva renderlo finalmente e veramente sereno ed in pace con se stesso.
“Questa è la felicità” pensò tra sé, “se mai di felicità
potrò parlare. Questo è il momento in cui ci sono stato più vicino finora in
assoluto”
Si rese anche conto
che una volta uscito da quella dimensione fantastica, quella consapevolezza
sarebbe rimasta con lui, perché sentiva che gli si era incastonata dentro,
sentiva un calore piacevole, di sicurezza e fiducia, all’altezza del diaframma,
che rendeva il respiro fluido e profondo.
Lluvia si rese conto di quel dialogo interiore perché lo
percepiva chiaramente. Erano nella dimensione della telepatia. Fu immensamente
grata alla piccola creatura di questo miracolo ed afferrò la mano del suo
compagno e gli si inginocchiò accanto per avvicinarsi al neonato. Entrambi si
guardarono e lacrime di gioia sgorgarono dai loro occhi. La pienezza dei cuori
traboccò dagli occhi e un alone di luce si sprigionò dalle loro figure,
circondandoli ed inondando l’ambiente.
La vibrazione di tutta Ashtalan aumentò.
Due umani, due Grigi, avevano conosciuto ed accettato il
messaggio di salvezza e di creatività, onorando lo scopo dell’esistenza di quel
mondo parallelo. Questo avrebbe avuto un’onda immensa di risonanza sulla Terra,
facendo svoltare un numero altissimo di altri esseri. Ashtalan avrebbe avuto il
doppio della forza propulsiva e molti si sarebbero svegliati. Era un momento di
alta sacralità, che sarebbe stato ricordato a lungo nelle cronache raccolte dai
vecchi saggi.
Il neonato li guardò a turno, prima Lluvia e poi Lupo, e
disse loro con voce armoniosa e cristallina, che ricordava una fresca cascata
argentina: “Grazie per essere venuti. Speravo tanto di vedervi qui”
La sua voce era una piacevole nota musicale, ristorava la
mente e calmava i cuori, così in tumulto.
Lluvia e Lupo si guardarono e capirono subito che significato
potesse avere quel neonato per loro.
“Voi siete qui perché io vi ho chiamato. Ho bisogno che mi
ospitiate nel vostro mondo, perché ho una missione da compiere laggiù ed ho
scelto voi due come donatori cromosomici.
Siatene felici.
Insieme percorreremo una strada in discesa, costellata di
felicità, se accettate la mia richiesta, ma prendersi cura di me non sarà
facile all’inizio, perché dentro di me saprò cose che sono pericolose da
conoscere nel vostro mondo.
Il posto in cui vivete è diventato un luogo molto inospitale
per esseri come voi dotati di un’anima d’amore. Vi hanno portato a dimenticare
le vostre origini, i vostri sogni, l’amore per le cose semplici e gratuite che
la Natura vi regala ad ogni respiro. Questo mio mondo esiste per riportare la
memoria a voi e per disperdere il grigio che avvolge le vostre preziose menti.
Nessuno vi ha insegnato che la mente che possedete è uno strumento perfetto per
vivere bene e non avete bisogno di alcun intermediario per acquisire serenità e
fiducia, solo un dialogo diretto con il Maestro che è in voi e che vi
accudisce, che è in voi e che siete voi per voi stessi. Siatene consapevoli.
Questa è la mia missione, vengo per svelare questa piccola grande verità
attraverso la vita che trascorrerò nel vostro spazio-tempo. Dovrete fidarvi di
me, anche quando la mia età potrebbe voler dire il contrario nel vostro mondo e
dovrete lasciarmi fare le mie scelte e seguirmi”
CONTINUA
Iscriviti a:
Post (Atom)