Si era arrivati ad un punto morto nel processo di
radicamento della Coscienza della Regina nel nuovo stato materico-cellulare. La
sua volontà vacillava di fronte alla densità di quel processo, di fronte alla
consapevolezza di quello che avrebbe dovuto affrontare nell’altro mondo. Era
rinchiusa nella sua stanza da due giorni e tutto l’entourage sapeva che non era
un buon segno. La Regina aveva bisogno che la sua energia venisse sostenuta ed
incanalata e c’era una sola persona capace di associare la propria luce a
quella della Regina portando la volontà a compimento, ma restando neutrale alla
tempesta emotiva che questo poteva implicare. Quella persona straordinaria era
la Maga Kimutako, dai grandi piedi e fianchi larghi, segno del radicamento nel
qui e ora e del senso di accoglienza che instillava nel prossimo.
Arrivò con i suoi larghi abiti colorati, la pelle scura e
gli occhi di un verde scintillante. Arrivò con l’aura colma di colori rossi e
aprì piano la porta delle stanze protette.
La Regina era seduta come sempre in meditazione, gli occhi
chiusi, il viso teso, come se non stesse vedendo qualcosa di piacevole.
Kimutako si avvicinò piano, si mise di fronte alla Regina e si inginocchiò in
segno di rispetto. La Regina aprì gli occhi e vide il caldo liquido verde di
quegli occhi luminosi. Sorrise finalmente sollevata. Ora ce l’avrebbe fatta.
Kimutako si mise alle spalle della Regina, nella sua stessa
posizione raccolta, respirò a fondo, chiuse gli occhi e chiamò a sé la Forza di
Dio Padre Cielo e la Radice della Dea Madre Pangea. Visualizzò le due onde di
energia, bianca quella del Padre, pulsante
e brillante, proveniente dall’alto, e una rossa, quella della Madre,
forte, energica, proveniente dal basso.
Le sentì entrare in lei, dalla testa e dall’osso sacro,
scendere e simultaneamente risalire lungo la colonna vertebrale, fortificando
ogni singolo chakra, spandendo luce e calore che si diffondeva piano piano
anche al di fuori del corpo di questa grande donna. La luce bianca e la luce
rossa si incontrarono a livello del chakra del cuore, nella rosa vibrante, e si
fusero dando vita ad una calda tonalità arancio brillante di vita, di slancio,
di speranza, di gioia, di esaltazione e di piacere.
Il calore e la luce si espandevano al ritmo del respiro di
Kimutako, che si mosse, appoggiando le mani sulle spalle della Regina,
sostenendola con la Forza e la Radice, che erano suoi pur non appartenendole.
La Regina emise una lunga espirazione e poi inspirò. Si era
connessa con la Forza dell’Universo e ora era.
Si visualizzò nello spazio, intorno a lei milioni di occhi
luminosi che le sorridevano, le sorelle Stelle.
Una gioia incontenibile la riempiva, poteva raggiungere il
proprio obiettivo, la Missione era lì davanti a lei. Visualizzò i suoi
successori, coloro che avrebbero preso il suo posto una volta che lei avesse
passato la porta.
Lei era esile, i suoi capelli chiari, un viso con
un’espressione di eterno stupore, che esprimeva la capacità di accogliere in sé
di tutte le possibilità.
Lui, un folletto magico, agile, irrefrenabile, con lo
spirito di avventura indomito proprio dell’infanzia dorata.
Ecila e Retep avrebbero condotto la Valle di Ashtalan e
Nalathsa con gioia e dedizione, ora ne era sicura e poteva andarsene.
Tutto si era compiuto.
Kimutako era una di quegli umani che avevano fatto la scelta
evolutiva di risiedere ad Ashtalan dopo aver lasciato il corpo fisico sulla
Terra. La sua anima aveva sentito il forte richiamo di quel posto, dopo averlo
visitato tante volte con il corpo del sogno, e così era stato. Nel momento in
cui era avvenuto il distacco dai legami gravitazionali terrestri, gli occhi del
cuore di Kimutako si era direzionati verso il magico mondo della Valle
Splendente e lì gli Angeli Ambasciatori l’avevano accompagnata, per prendere la
sua forma in mezzo alle creature di Ashtalan.
Questo era stato possibile perché l’impronta animica di Kimutako
era estremamente simile alla vibrazione ashtalana e il sodalizio si era
compiuto. Kimutako poteva rimanere nella Valle a tempo indeterminato, finché
non avesse sentito che la missione per cui si trovava lì fosse giunta al suo
compimento.
Passava le sue giornate studiando la dirompente natura del
paesaggio onirico e vivificante di Ashtalan, assaporando la connessione che
tutti gli esseri dimostravano uno nei confronti degli altri. Era nota a tutti
per la generosità e le capacità assistenziali. Sapeva incutere fiducia e
sostegno con quel suo famoso sguardo verde liquido, in cui ci si poteva perdere
per ritrovarsi sotto una nuova luce di speranza.
Soprattutto la sua assistenza si metteva in opera nei
confronti degli umani che visitavano la Valle durante il Tempo del Sogno, e che
covavano dubbi e indecisione nel cuore. In quel caso, lei sapeva guardare negli
occhi di quei cuori ai quali rifletteva sempre un’immagine delle potenzialità
insite nelle giuste decisioni da prendere. Poi sarebbe stato compito dell’umano
al risveglio mettere in atto quanto assorbito durante il viaggio onirico.
In questo delicato momento di transito della Regina e di
sdoppiamento del mondo di Ashtalan, il suo contributo era fondamentale. Essendo
stata umana ed incarnata nella densità, manteneva in sé questa radice, la cui
essenza era stata capace di trasmettere alla Regina nella sua meditazione,
affinché della densità potesse apprezzare il richiamo, per lasciarsi andare
definitivamente e senza più remore alla propria missione.
Quando la Regina non fosse più stata presente ad Ashtalan,
si sarebbe occupata dei due nuovi reggenti, Ecila e Retep, per aiutare pure
loro nel solidificare definitivamente i mondi doppi.
Intanto sulla Terra, il pianeta grigio, si era verificata
una fortissima scossa tellurica, con epicentro in un punto dell’Oceano
Pacifico, esattamente a metà strada tra i continenti, e fortunatamente per
questo motivo non aveva causato crolli né vittime. Era stato un assestamento
dovuto al nuovo allineamento.
Gli abitanti, ovunque si trovassero, avevano avvertito il
terremoto, ma stranamente questo non aveva lasciato traccia di paura in loro.
Tutti si guardavano intorno con sorpresa, ma quello che provavano era una sorta
di vaga gioia e voglia inspiegabile di ridere. Avevano perso uno strato di
pesantezza: la scossa aveva fatto dimenare il pianeta come un cane si dimena
dopo essere uscito dall’acqua, per scrollarsela di dosso. I cuori erano più
leggeri perché l’azione dei doppi mondi cominciava a fare il suo effetto.
Anche Lluvia cominciava ad avvertire delle piccole mutazioni
dentro e fuori di sé. L’umore era sempre buono, si sentiva allegra ed
ottimista, sentiva che il domani non le avrebbe riservato che rosei
avvenimenti. Sentiva il proprio corpo avvolto in una calda coltre morbida, i
gesti erano fluidi e rilassati e gli spigoli si stavano arrotondando. Le
persone vedevano una bella luce nei suoi occhi e presto cominciarono a farle
strane domande sul suo stato.
Una sera Lupo le mise le mani sul ventre e disse: “La tua pancia mi chiama, non so come
spiegarti, ma ho una voglia irresistibile di toccarla.”
Lluvia lo guardò diritto negli occhi proiettando nel suo profondo
la calda luce e ammise: “Credo di sapere perché… Ti ricordi lo strano sogno in
cui eravamo insieme in quel meraviglioso giardino e abbiamo incontrato
quell’esserino straordinario? Credo che ci sia venuto a fare visita”
“Sarebbe?” chiese lui stupito, balbettando quasi “Vuoi dire
che… vuoi dire che tu.. che tu…”
“Ho forti sospetti di essere incinta” affermò lei
tranquilla. Nel suo intimo non era preoccupata della reazione di lui. Anche
qualora fosse stata negativa, si sentiva talmente serena che qualunque cosa
avesse detto lui, sarebbe andata bene.
“Sono attonito, non me lo aspettavo… anzi, no, se devo dire
la verità, nel mio intimo l’ho sempre saputo, da quando ho fatto quel sogno. Mi
aspettavo che sarebbe successo, non poteva essere altrimenti. Che facciamo ora,
ci sposiamo?”
“Non credo che sia fondamentale. L’importante è sapere se tu
sei felice di questa notizia. Per sposarsi c’è tempo. Abbiamo una casa in cui
abitare. Intanto abituiamoci a questa idea di genitorialità, poi vedremo. Io
sono talmente felice di questo che non ho altri pensieri. Non ho neanche fatto
il test di gravidanza ancora, perché non ne ho bisogno. La presenza di questo
bambino è già talmente forte in me che è come se fosse con me da sempre, come
se tutta la mia vita fosse stata incentrata nel divenirne la madre, il corpo
ospitante per dargli un posto nel mondo.”
“Io sono con te, ora e sempre. Sarà una meravigliosa
avventura. Comunque facciamo un test e una visita, tanto per essere sicuri che
tutto sia a posto.”
La coscienza della
Regina stava fluttuando nel nero infinito, scollata da qualsiasi forma fisica.
Navigava nello spazio, muovendosi con grazia con la forza del pensiero e
contemplava dal suo spazio il proprio luogo natio, la strabiliante Ashtalan,
nell’orbita del pianeta grigio, che girava su se stesso accompagnato dalla sua
luna, e Nalathsa, nuova creatura speculare.
Questo quartetto era fantastico da rimirare, la sua immagine innalzava
la vibrazione della Regina e il suo fluttuare diventava ancora più veloce.
Avrebbe riportato questa matrice nel minuscolo corpicino che si stava
lentamente formando nel ventre di Lluvia, instillando in lei la visione
salvifica per il futuro degli umani.
Quella notte Lluvia sognò di nuovo la bambina, ma questa
volta si ritrovò a fluttuare in un spazio nero profondo e la sensazione la
spaventava un poco. La piccola mano che stringeva la sua però le infondeva
fiducia e lei si lasciò andare alle parole che sentiva nella propria mente.
“Guarda Lluvia, a cosa è destinata l’umanità, guarda come è amata
dall’Universo, che ha disposto ben due mondi al suo fianco per aiutarla a
liberarsi dal grigiore diffuso. Sai perché è nato tutto quel grigio? Sono i
Signori dell’Oro che hanno schiavizzato gli umani, per continuare ad usarli per
i propri scopi meschini, ponendo gli uomini ad un livello di coscienza
bassissimo, facendo loro credere di essere confinati in un destino di morte e
peccato, senza felicità e remissione, facendo loro credere che il Paradiso è
altrove e non nelle loro vite e nel qui e ora. Il mio compito è di illuminare
il grigio e di farlo scomparire, come fanno il sole e il vento con la nebbia.
Grazie per aver accettato di aiutarmi in questo. Io non sono altro che una dei
tanti emissari della felicità universale che ogni tanto scelgono di nascere in
mezzo a voi per insegnarvi il vero sorriso, quello del cuore, che scaccia la
noia e apre al talento dell’anima. Siete uno dei pochi mondi i cui abitanti
sono dotati di anima e questo è un privilegio che vi è costato l’invidia di
molti altri mondi che hanno cercato di colonizzarvi nel corso delle ere per
appropriarsene. Ma la limpidezza e la purezza dell’animo umano sono troppo
vaste per loro e non riescono a capirla, così la sporcano per fare in modo che
voi stessi non crediate nella sua esistenza e nelle possibilità che ha in sé.
Aiutando me tu aiuti te stessa e chi ti sta vicino. Facendo nel piccolo, hai la
possibilità di fare nel grande, poiché l’esempio è il migliore insegnamento.
Seguimi e non aver paura.” Detto questo, le due creature si avvicinarono di più
al pianeta grigio. La superficie era invisibile, nascosta dalla spessa nebbia,
ma qua e là era possibile individuare delle fonti luminose. “Quei brillii sono
umani che hanno imparato chi sono e usano le loro capacità per mantenersi
sempre ad un alto livello vibrazionale. Dove loro sono, la nebbia si dirada e
il cielo diventa visibile. Io ho il compito di far aumentare il numero di
quelle luci, così che aumenti la superficie libera e le stelle tornino a farsi
vedere, dentro e fuori.”
Poiché il tempo del Passaggio della Porta si stava avvicinando,
la Regina sentì che era arrivato il momento di uscire dal profondo stato di
meditazione in cui si trovava per annunciare l’evento alla popolazione di
Ashtalan e presentare i due Reggenti. Presto non avrebbe più potuto farlo,
perché la crescita della Vita che la stava attendendo continuava e la sua
coscienza avrebbe dovuto abitare quel corpicino in maniera definitiva.
Fu così che iniziò il viaggio a ritroso dall’infinito a se
stessa, aprendo lentamente gli occhi e portando la respirazione a livello
superficiale. Avvertì subito la presenza avvolgente della stregonessa Kimutako,
che l’aveva sempre assistita in quei giorni. Il suo aspetto era sereno e
riposato ed emanava una sicurezza leggermente velata dalla malinconia che il
distacco le stava causando. Sentiva di essere ormai tra i due mondi e avrebbe
preferito, potendo, accelerare i tempi per non avvertire più la divisione
interiore insita in quel processo.
“E’ venuta l’ora di parlare alla gente e di presentare a
tutti i due reggenti. Tu mi aiuterai nell’organizzazione. Prima di uscire dalla
meditazione ho lanciato un messaggio a tutte le tribù. Questa sera ci riuniremo
nel palazzo e potrò salutare Ashtalan. Dopodiché i nostri contatti avverranno
solo a livello onirico, mia cara, ma sono contenta. So che il distacco mi farà
ottenere grandi risultati sul pianeta grigio e sono sempre più sicura di aver
fatto la scelta giusta con le due creature che mi ospiteranno.
Prima di allontanarmi definitivamente voglio intercedere
presso i Signori del Tempo, affinché, al termine della mia esistenza terrestre,
io sappia già da ora dove potrò andare e in cosa mi trasformerò. Non voglio
trovarmi persa, una volta che la mia coscienza lascerà quel corpo, quando sarà.
Chiederò ai Signori di inviarmi degli emissari che mi guideranno in un posto
sicuro per riprendere il mio ciclo vitale luminoso in questa dimensione. So che
molti di noi non sono riusciti a mantenere il contatto a causa della densità
sperimentata e non sono più tornati. La loro coscienza si era talmente identificata
con i limiti umani che non sono più stati in grado di fare ritorno.”
“Sono sicura che i Signori non avranno nulla in contrario ad
acconsentire alla tua richiesta. Tu hai sempre dimostrato di essere all’altezza
dei compiti che ti sono stati assegnati. Ma hai già deciso in cosa
trasformarti?”
“Ho avuto delle visioni durante la meditazione. Sono entrata
nelle profondità di Ashtalan e ho sentito il suo cuore palpitante. Voglio
mettere la mia luce al suo servizio e voglio integrarmi completamente in essa,
quindi ho deciso che, quando sarà, la mia coscienza andrà ad abitare la roccia
che costituisce le fondamenta del mio palazzo, voglio abitare la pulsazione di
luce da cui tutto parte, farne parte e vivificarla.”
“Ma così non ti vedremo! Non potremo venire a ripararci
sotto le tue fronde, se tu fossi un albero, come tuo padre ha scelto, o
ammirarti che tu diventassi un fiore o una fata! Non potremo più vederti!”
“Ma mi percepirete chiaramente! Saprete quando tornerò,
perché la mia presenza sarà viva e palpitante e sarò disponibile
telepaticamente per tutti voi. Vi ispirerò e vi racconterò della mia
esperienza, cercando di stimolare altri a seguire il mio esempio. Istruirò chi
lo vorrà fare e il mio insegnamento sarà prezioso. Cosa temi? Piuttosto, ho bisogno
che tu organizzi una scuola con questa finalità, mentre io sarò via, così al
mio ritorno le informazioni saranno ancora fresche in me. La sede dovrà essere
naturalmente il palazzo, perché sarà li che la mia coscienza sarà facilmente
percettibile.”
Il salone principale del palazzo presentava uno spettacolo
variopinto e meraviglioso, come solo l’unione di quattro arcobaleni sa
installare nei cuori. Le più strabilianti tonalità di colore erano una di
fianco all’altra, abitanti le varie creature delle diverse tribù. Lampi di
giallo limone, scie di verde smeraldo, macchie di blu cobalto, aiuole di fucsia
acceso e poi arancione e magenta, verde pisello e marrone opalescente, viola
pulsante e azzurro cielo. La visione era delle più strabilianti. Occhio umano non
avrebbe potuto rimirarla senza far impazzire di gioia il cervello a cui
appartiene. Poi, su tutto, la fulgida luce rosea della Regina, piccola ma
enorme nella sua luminosità. Alle sue spalle, la maga Kimutako, coi i suoi
colori marroni della terra più fertile e lo sguardo verde liquido e al suo
fianco due fanciulli, lei in azzurro, lui in verde, Ecila e Retep.
“Come sono contenta di avervi tutti qui con me, cari
fratelli e compagni di viaggio!” iniziò la Regina. “Sapete che vi ho adunati
per salutarvi, ma non siate tristi, il contatto onirico ci sarà sempre: a me
servirà per non dimenticare e a voi per avere guida e sostegno. Sarò immersa in
un’altra dimensione, ma visitarvi in sogno mi permetterà di tenere il mio
livello energetico alto, che mi sarà immensamente utile per portare a termine
la mia missione.
Ora vedete qui accanto a me altre due creature a voi
sconosciute. Vi aspettavate un solo successore e ne trovate due. E’ accaduta
una cosa straordinaria dopo il mio colloquio con i Signori del Tempo. Grazie
all’osservanza della Profezia del Tempo e agli aspetti planetari che lo
consentono, il nostro mondo si è sdoppiato, occupando un posto al lato opposto
del pianeta grigio. Questo significa che il potere del Sogno è aumentato.
Ognuno di voi ha un altro sé in tutto e per tutto uguale, che abita nel mondo
al polo opposto, Nalathsa. Capite che profonda magia? Lavoriamo su una base
doppia, possiamo essere doppiamente felici e sognare due volte più forte,
perché quello che il vostro altro sé sperimenta, voi lo percepirete e sarete in
contatto con lui o lei. Gioiamo insieme ora di questo evento straordinario e
inviamo un fascio di luce atomica sul pianeta grigio, vedrete come servirà ad
illuminarlo e a diradare la nebbia, anche se per un tempo limitato!”
E così fu che i due arcobaleni che collegavano Ashtalan e
Nalathsa avvolsero completamente il pianeta grigio, i cui abitanti in quel
momento credettero di sperimentare uno spostamento dell’asse del globo. Ma
ognuno di loro tornò bambino per un istante e
si precipitò ad abbracciare chiunque fosse lì vicino.
Su Ashtalan, intanto, la riunione continuava, mentre Ecila e
Retep stabilivano un contatto con le tribù, mettendosi a loro disposizione,
lasciando che le loro coscienze sondassero i due giovani cuori.
La Regina parlò di nuovo: “Ora tornerò ancora una volta
presso i Signori del Tempo e definirò i dettagli per il mio ritorno, quando
sarà. Questa è l’ultima volta che vi parlo, il mio tempo ora è con la nuova
dimensione. Custoditemi nei vostri cuori e nelle vostre menti e che i ponti
arcobaleno vi colleghino alla fonte. “
Detto questo si ritirò nelle sue stanze e nessuno tranne
Kimutako la vide più in quella dimensione. Il compito della maga stregonessa
non era ancora terminato al fianco della Regina. Al momento della nascita del
corpo terrestre, Kimutako avrebbe dovuto custodire il corpo della Regina fino
al suo ritorno, fino al momento in cui questo avrebbe permesso l’altra
trasformazione che la Regina aveva già scelto.
Lluvia aveva sentito parlare della possibilità di poter
partorire in casa, sicuramente un procedimento poco ortodosso per i tempi
moderni, in cui ogni nascita è estremamente medicalizzata, ma che avrebbe
permesso la massima libertà di gestire questo momento così estremamente
importante. Considerava importantissimo garantire al proprio figlio un
risveglio sul nuovo mondo quanto più dolce possibile e fu così che cominciò la
sua ricerca. Ovviamente la maga Kimutako aveva già smosso le acque dalla sua
dimensione cercando di ispirare una delle migliori ostetriche disponibili, che
avesse anche un occhio per la magia naturale, cosicché la reincarnazione della
Regina avrebbe conosciuto le giuste mani appena atterrata.
Un giorno, casualmente,
Lluvia trovò un opuscolo nel negozio di biologico vicino a casa che
pubblicizzava il parto dolce. Il nome dell’ostetrica era Arianna e questo nome
pieno di vento la ispirò subito. Chiamò e il suono della voce dall’altra parte
la convinse ancora di più. Arianna le spiegò che avrebbero cominciato a vedersi
a partire dal sesto mese di gravidanza con cadenza settimanale e lei l’avrebbe
guidata passo a passo fino alla fine.
Il primo incontro fu molto rassicurante per Lluvia, che, pur
essendo molto convinta della scelta fatta, non nascondeva di temere il momento.
Arianna arrivò a casa sua – era una donna molto solare, sulla cinquantina, con
un caschetto di riccioli, due curiosissimi occhi azzurri e la bocca sempre
pronta al sorriso. Il nome le calzava a pennello, perché la sua presenza
portava una ventata di aria fresca e anche il suo modo di esprimersi era molto
svagato, come se mentre parlava avesse in mente qualcos’altro. All’inizio
questa cosa lasciò Lluvia un po’ perplessa, ma con il passare dei minuti
Arianna dimostrò tutta la sua competenza, spiegandole molto dettagliatamente
cosa sarebbe potuto succedere, condividendo esperienze e soprattutto insegnandole
la cosa più importante: l’uso della voce, strumento che permette alla
madre di mettersi in contatto con il bambino attraverso
le vocalizzazioni. Questa pratica estremamente semplice permetteva alla madre
di imparare un tipo di respirazione profonda che agiva sull’addome e che
sarebbe stata fondamentale al momento dell’espulsione. Le spiegò ovviamente che
la puerpera non sarebbe stata sottoposta ad alcuna delle pratiche ospedaliere
pre-parto, tutto sarebbe avvenuto seguendo i ritmi nautrali della madre e del
bambino, ma qualora fosse intervenuto il minimo problema sarebbero corse in
ospedale.
Erano sedute a gambe incrociate nel piccolo salotto
accogliente di Lluvia e con le mani sul ventre incominciarono la
vocalizzazione: un profondo respiro e il suono in emissione durante
l’espirazione. Ogni suono emesso faceva vibrare internamente il corpo di Lluvia
e lei sentiva che le correnti energetiche si sistemavano al giusto posto, come
se il respiro consapevole avesse il potere di ripristinare antichi equilibri
dimenticati. L’esperienza fu molto piacevole e Lluvia ringraziò il Cielo di
cuore per quell’incontro. L’angoscia che l’aveva accompagnata negli ultimi
giorni pensando al parto e alla sua solitudine di dolore si dissolse.
Era talmente contenta che quando la sua famiglia si disse
assolutamente contraria a questa pratica, da loro definita da incoscienti, lei
dichiarò: “Sono io che devo partorire e non voi! Quindi farò come ho deciso!”
Si stava avvicinando lo scadere del tempo e per tutto quel
periodo la Regina aveva lavorato affinché la vasta coscienza di luce potesse
restringersi al punto tale da rientrare ordinatamente all’interno di una coscienza
umana. Dal suo spazio contemplativo era entrata sempre più in comunione con le
anime di coloro che sarebbero stati i suoi genitori, esplorando e sondando i
loro cuori nella profondità, così da fissare un legame la cui memoria sarebbe
rimasta, anche quando le leggi terrestri avrebbero cancellato i ricordi del
passato. Ciò che stava conoscendo di loro le piaceva: il coraggio appena
risvegliato di Lupo, coraggio di ammettere la propria vulnerabilità di fronte
alla vita, la sua capacità di ammettere di sentirsi piccolo, la sua tenerezza
intrinseca e la sua voglia di essere immensamente amato. La forza di Lluvia,
che a volte la faceva apparire troppo dura, ma che era generata dalla
predisposizione a guidare e trascinare gli altri verso qualcosa di migliore. Lluvia
non poteva sopportare di vedere qualcuno sprecare la propria vita nascosto
dietro le paure e per questo spronava continuamente chiunque, diventando a
volte assillante. Ma la sua era sete di libertà, di spingersi sempre più
avanti, come se i suoi passi l’avrebbero prima o poi condotta alla fine
dell’arcobaleno. Ancora non sapeva che la strada imboccata le aveva permesso di
custodire nel proprio ventre colei che l’avrebbe portata direttamente dove
nasce l’arcobaleno.
Il processo di restringimento della coscienza non era stato
semplice. In realtà non lo è mai per nessuna anima, dopo che ha conosciuto lo
spazio dell’infinito, ma soprattutto non lo era per la Regina, che non aveva
mai provato prima l’esperienza. Il fatto di aver scelto di scendere l’aveva aiutata
tanto perché aveva dato al suo viaggio un carattere di forza, che aveva
facilitato il processo. Nell’oscurità infinita della contemplazione del
processo di crescita cellulare, le mille luce sprigionate dalle molecole in
movimento avevano accresciuto la sua gioia, permettendole così di tenere sempre
alto il livello di energia interiore.
Ora la sua coscienza era stabile dentro il corpicino ormai
formato e lei aveva preso confidenza con la forza di gravità che la spingeva
verso l’uscita. Arrivò un momento in cui sentì una forte pressione dall’esterno
e sua madre cacciò un urlo. “Ci siamo, Lupo, chiama Arianna. Credo che la
bambina voglia nascere ora.”
Lupo fu preso dal panico. Una cosa era teorizzare sulla nascita
in casa come fatto romantico di nido familiare custodito, una cosa era
trovarcisi in mezzo, considerando che erano le due del mattino e si era appena
svegliato di soprassalto.
Nel frattempo Lluvia, molto serenamente, si era alzata dal
letto e si era accorta che le si erano rotte le acque. Si accinse a mettere su
un po’ di musica e si infilò un pareo, accendendo degli incensi. Ogni volta che
sentiva una contrazione, respirava profondamente e muoveva il bacino roteandolo
per facilitare l’incanalamento del feto. I dolori non erano ancora molto forti
e lei camminava per casa cantando Aretha Franklin a squarciagola, con buona
pace dei vicini.
Quando arrivò Arianna la situazione era abbastanza avanzata.
Sul pavimento della camera da letto erano stati spiegati dei teli di plastica
per evitare di sporcare, e poi successe. Fu un movimento estremamente
spontaneo. Lluvia non era più nel corpo, che si muoveva da sé, sapendo bene
cosa fare. L’eredità genetica di milioni di donne che avevano compiuto
quell’atto prima di lei la guidò nelle azioni e lei si ritrovò a spingere con
tutte le forze attaccata al collo di Lupo, il quale, onde evitare di cadere, le
andò a prendere una sedia. Facendo forza sulla sedia, il corpo di Lluvia
spingeva verso il basso e con poche spinte la creatura fu fuori. Le ultime
parole di Arianna furono: “Spingi, che riesco a vedere già i capelli!” I
capelli! Che emozione! In un attimo la bimba fu fuori. Si accasciarono tutti a
terra stremati, la bimba tra le braccia di Lluvia, con la testa reclinata. La
scena fu strabiliante. La bimba aprì un occhio, guardò la madre e poi il padre,
come per vedere se erano proprio loro, coloro che lei aveva scelto. Poi
appoggiò il capino sul braccio della madre e chiuse gli occhi. Fuori stava
sorgendo il sole.
Il viaggio della Regina era stato portato a compimento,
l’atterraggio era avvenuto. Ora l’atmosfera su Ashtalan e Nalathsa era ancora
più gioiosa, se possibile. I colori moltiplicarono la loro potenza, irradiando
scie di aurore boreali come non se ne erano mai viste da quelle parti. I membri
delle varie tribù presero a muoversi ovunque per la Valle, e così facevano i
loro doppi su Nalathsa, portando ovunque la gioia del proprio cuore, generando
una quantità immensa di energia positiva che si propagò lungo i due arcobaleni
che univano le due palla-neve alla Terra. Da lì tutta la luce colorata si unì
ed entrò nel punto di congiunzione dei poli nord e sud del pianeta grigio, che
ne fu investito, e andò ad immagazzinarsi al suo centro, nel cuore di cristallo
di quel globo. Lì l’antico cristallo a forma di prisma, nucleo vitale del
pianeta, si colorò di mille sfumature iridate, emanando a sua volta un bagliore
caldo e pulsante che saliva lentamente verso la superficie, nutrendo e
purificando ogni singola cellula vivente di terreno, di roccia, di sedimenti,
di acqua salata, di mondi interni, fino ad arrivare a toccare la crosta del
pianeta, i cui abitanti cominciarono ad avvertire un tepore molto piacevole che
fuoriusciva dal terreno. Gli animali furono i primi ad avvertire l’onda d’amore
che stava arrivando e nella loro saggezza seppero che un evento importante si
stava verificando e che presto sarebbe finito il periodo di schiavitù nei
confronti della razza umana.
A palazzo ad Ashtalan Kimutako e i 2 reggenti erano raggianti,
decisero subito di riunire tutte le genti per creare una rete di contatto
telepatico con la Regina ed aiutarla in quel momento così delicato. Avrebbero
fatto in modo che il contatto non cessasse mai, almeno per i primi tre anni di
vita terrestre, il periodo in cui un umano è più esposto alle emozioni
dell’ambiente, senza protezioni o filtri. Avrebbero organizzato un comitato
addetto al contatto che si sarebbe dedicato a turno alla meditazione per
sostenere, proteggere e nutrire la mente e il cuore della Regina. Inoltre era
necessario ispirare nei genitori la scelta del giusto nome per la Regina. Il
suono del nostro nome è la vibrazione che ci accompagna tutta la vita e il suo
significato parla di noi e della nostra essenza. Era importante che la Regina
indossasse la giusta sonorità, perché questa sarebbe stata la sua prima
impronta. Bisognava fare in modo che il cammino iniziasse nella maniera
migliore. Kimutako aveva sentito il suono che doveva indossare la Regina, ed
era una parola che le parlava della sua antica terra, l’Africa. Era un suono
dolce e breve, il cui significato nel mondo in cui la Regina era andata era
meraviglioso e la legava intrinsecamente con esso: Grande Madre. Questo nome
richiamava la missione di cui la profezia l’aveva investita e propiziava il
giusto atteggiamento che avrebbe dovuto tenere durante l’età adulta e non solo.
La parola era SOUF.
In effetti Lluvia, poco prima di partorire, stava leggendo
un libro di racconti africani, da cui era molto affascinata, da quando l’anno
prima era stata in viaggio in Tanzania, a fare un bel safari fotografico nel
parco Serengeti. Non si mai sentita così libera e sperduta in vita sua, in
quegli immensi spazi desertici dove non si vedeva traccia umana all’orizzonte,
in contatto con il cielo stellato la notte e respirando la polvere primordiale
di quelle terre antiche di giorno. Era stato un viaggio che si era portata nel
cuore per molto tempo e al ritorno aveva appeso per casa pezzi d’Africa che
aveva acquistato e le permettevano di tornare a vivere quell’atmosfera calda e
piena di colore che quel luogo le aveva regalato. Da allora aveva letto molto
su quel paese e le era anche capitato tra le mani questo libro di racconti, in
cui si parlava di una donna di nome Souf, un po’ strega, un po’ sacerdotessa,
che si era presa cura di un intero villaggio durante una carestia e aveva
salvato molte vite amministrando i pochi viveri con saggezza. Le era piaciuta
questa figura femminile coraggiosa che aveva tenuto testa agli uomini del suo
villaggio e aveva cominciato a ripetersi spesso il suo nome, tra sé e sé.
Parlandone con Lupo, anche lui si era trovato affascinato da
quel suono, perché per loro tale era, più che un nome vero e proprio, e insieme
avevamo deciso di pensare seriamente a questa opzione, anche perché non
riuscivano a farsi convincere da alcun altro nome.
Al momento della nascita Lluvia aveva guardato quel
corpicino abbandonato sul suo ventre, la piccola testa piena di capelli scuri e
umidi, e aveva sussurato: “Benvenuta sulla Terra, cara piccola Souf, sapremo
prenderci cura di te.”
La piccola Souf aveva vissuto quell’esperienza come un
viaggio interminabile attraverso mille stati d’animo, dove, da una condizione
di pace assoluta, dovuta anche alla comunione estremamente intima che aveva raggiunto
con la vita emotiva della madre che la ospitava, aveva negli ultimi tempi
cominciato ad avvertire una condizione quasi claustrofobica. I movimenti erano
ridotti al minimo, e soprattutto erano assolutamente al di fuori del suo potere
decisionale e dettati dall’istinto del DNA umano. Così aveva sentito l’urgenza
di posizionarsi verso quello che doveva essere il fondo del ventre materno,
sulla bocca di quella che avrebbe dovuto essere la via d’uscita dalla sacca di
crescita dove era stazionata tutti quei mesi. Sentiva una grande pressione
dall’esterno e una forza che la obbligava a farsi strada in quel tunnel troppo
stretto. La testa premeva e le doleva, sentiva il corpicino dolere e una grande
urgenza di uscire di lì al più presto. Ad un certo punto, la testa si trovò
incastrata e non si poteva più muovere, ma fortunatamente durò un secondo. Alla
fine si sentì sgusciare in uno spazio infinito, dove non c’erano più pareti di
protezione intorno a sé, ma avvertì il calore del contatto con un'altra fonte di
protezione, il corpo di sua madre vissuto dall’esterno. Realizzò di essere
atterrata. Trovò la forza nella sua infinita sfinitezza di aprire un occhio e
guardare gli esseri che la circondavano, poi si addormentò.
CONTINUA