VIAGGIO NEL MONDO DEL SOGNO FINO ALL'ARCOBALENO
Le sette tribù si ritrovarono riunite ai piedi della Grande
Montagna, dove si trovava la radura degli Alberi Sacri. Ognuno dei loro
componenti prese posto, un essere per ogni tribù sotto un singolo albero,
mentre l’albero centrale ne ospitava una coppia di ognuna. L’albero centrale
fece stormire le fronde producendo una musica come di violini, le creature si
concentrarono chiudendo gli occhi e fecero partire un ponte di luce, il cui
punto di arrivo era al di là della loro dimensione: Lluvia, nel mondo dei
Grigi. Lluvia, in quel momento stava dormendo, era notte inoltrata. Il sogno
era tutto colorato di rosa e lei si ritrovava in un bellissimo giardino molto
curato, con un sentiero di sassolini bordato di siepi verdi ben potate in file
uguali, al di là delle quali c’erano prati d’erba regolare e alberi di medie
dimensioni, molto rigogliosi, qua e là si vedevano aiuole di fiori coloratissimi,
dalle più diverse forme. Quello che colpì il suo occhio era la tonalità dei
colori, una tonalità carica, come se la vista potesse percepire un pulsare
degli oggetti che osservava, come se gli alberi, i fiori, il cielo fossero
abitati da una presenza animata. E questa presenza era molto accogliente e
rassicurante, rilassante. Le piaceva trovarsi lì, le piaceva il rumore dei
passi sui sassolini. Da lontano sentiva arrivare il suono argentino di acqua
corrente, “un fiume!” si disse, e si mosse per cercarlo. In quel momento, da un
albero si staccò una cometa di mille colori sgargianti e Lucia si fermò
incantata. Cos’era quella creatura maestosa nell’aria? Un pappagallo! Un
pappagallo …. non ne aveva mai visto uno dal vivo, le girava curiosamente sopra
la testa, come se non avesse paura di lei, anzi volesse farsi ammirare in tutto
lo splendore. Lluvia era troppo rapita dalla visione per muovere un solo
muscolo, nell’attesa di vedere cosa quello strano uccello avesse intenzione di
fare. Non si accorse quindi di un altro strano essere che stava risalendo il
sentiero. Le sembianze erano umane ma la cosa singolare era che l’essere aveva
le dimensioni di un bambino di due anni ma con la postura e l’andatura di un
adulto. Andò incontro a Lluvia e la prese per mano con affetto. La stretta era
gentile e calorosa. Era una bambina, abbigliata in taffetà rosa e crinoline.
Sulla testa calva portava una graziosa coroncina, come quella delle
principessine delle fiabe ed arrivava appena alla vita di Lucia, considerando
che questa non era poi così alta! Erano però gli occhi quello che sconcertarono
maggiormente Lluvia: erano occhi di cielo profondo che emanavano una luce di
gioia e pienezza. Lluvia avvertì una sensazione di vertigine nel collegarsi
allo sguardo di quella strana bambina. La voce era adulta e melodiosa quando le
disse “Ciao Lluvia, benvenuta nella Valle dello Splendore, Ashtalan. Ti stavamo
aspettando”. Lluvia fu molto stupita sia per le parole che per l’intera scena a
cui stava assistendo. Era cosciente di stare sognando ma tutto sembrava così
reale da indurla a dubitare del proprio stato. Riuscì a dire: “Ma che posto è
questo?” “Questo è il luogo del cuore e della mente, il luogo del Tutto e
dell’Amore, il luogo in cui i sogni umani si avverano e ciò che desideri si
materializza. Il luogo della Pace e dell’Armonia, il luogo sacro che tiene viva
in sé la fiamma del vostro mondo umano; senza Ashtalan voi umani sareste persi
da lungo tempo”.
“Wow! E’ meraviglioso! Ma perché mi trovo qui? Sto sognando,
giusto? Mi sembra tutto così reale …”
“Tu sei qui con il corpo del sogno perché è l’unico modo
possibile di accesso per voi. Alcuni ci visitano continuamente durante il tempo
del sogno e questo è di grande sostegno evolutivo per questi esseri. Venire qui
risveglia in loro il ricordo dell’Età dell’Oro, quando voi umani eravate Dei e
camminavate orgogliosi lungo i verdi sentieri del vostro pianeta, prima che
nascesse l’Epoca del Fumo e che tutto assumesse quella densità così viscosa che
oggi vi caratterizza.
Chi arriva qui viene inizialmente selezionato da me, che
sono Regina di questo luogo, per aprire la strada del Cuore alla grande
Autoespressione, che è il primo passo verso la riacquisizione del vostro antico
potere di Dei. Vogliamo risvegliare quanti più esseri possibile per il Tempo
della Profezia e i 9 Signori del Tempo mi hanno già dato il consenso per la mia
Missione e io ho scelto te.”
“Scelto me per una missione? Ma cosa significa? Io non sono
tagliata per le missioni! Sono una persona normalissima, senza alcuna attitudine
per l’avventura. E poi ho la mia vita, il lavoro, non posso mollare tutto e
partire per chissà quale missione. E poi sei solo un sogno, non esisti nella
realtà, quindi che mi preoccupo a fare?”
Fu a quel punto che Lluvia si svegliò di soprassalto:
“Oh mio Dio, che strano sogno! Ma che posto meraviglioso!”
Aveva ancora nel cuore e nella mente quella calma e serenità
totale che la piccola Regina le aveva trasmesso. Si rigirò nel letto e provò a
riaddormentarsi, magari poteva ritornare in quel luogo stupendo ancora per un
po’. Niente da fare, non riusciva più a prendere sonno e dopo qualche ora si
alzò stanca e innervosita, nauseata dal dover affrontare un’altra giornata di
lavoro.
L’atmosfera del consesso delle creature magiche si ridestò,
ognuna di esse si ricompose, aprì gli occhi, chi li possedeva, gli alberi si
sfrondarono, i fiori si dondolavano piano e le tribù si ricomposero per
scambiarsi le impressioni su quanto avevano appena visto nello schermo della
propria mente: avevano tutti assistito al sogno di Lluvia.
“E’ evidente che dovremo fare molti tentativi prima che il
cuore di questo essere denso possa recepire la nostra luce e agire di
conseguenza” disse la fata Aifòs.
La Montagna Sacra, da tutti conosciuta come Eleirbag, emise
un sordo brontolio, la sua voce potente, che tutti percepirono avere il
seguente significato: I Nove Signori del Tempo sanno che non abbiamo molti
tentativi a disposizione. La Regina ha fatto la sua scelta, e lei dovrà
passare, che l’essere denso venga risvegliato a se stesso o meno. Propongo un
altro tentativo subito domani.
Parlò allora il saggio Aldebaran dei Cavalli Sacri: “Sai,
caro ed eminente Eleirbag, che non possiamo forzare la volontà di alcun essere
denso, pena il rifiuto totale. Allora il passaggio della Regina nell’altra
dimensione sarebbe vanificato alle fondamenta. Aspettiamo il Gran Consiglio di
questa sera a palazzo e ascoltiamo il suo responso. In fondo la Regina ha
stabilito un contatto sia visivo che tattile. Avrà avuto modo di sondare questo
cuore approfonditamente e di leggere nella sua mente”
La scena si sposta nel palazzo di cristallo, rilucente e
brillante di luce propria, grazie al meteorite fulgido custodito al suo centro,
sospeso libero e visibile da ogni punto di Ashtalan. E’ come un cuore pulsante
e luminoso che vortica sospeso dal suo stesso movimento. La sua presenza
permette il radicamento di quella luce dorata che pervade tutta Ashtalan. La
Regina lo ha evocato e le è stato dato in dono dai Signori del Tempo nel
momento in cui lei si è materializzata su Ashtalan, all’inizio dell’ultimo
ciclo arturiano.
Ora il momento era solenne. La Regina sedeva concentrata e
rilassata sul suo trono foderato di tessuto felpato rosa. L’assemblea era
riunita, eppure lei sedeva da sola nella grande sala. Il contatto su Ashtalan
era puramente telepatico. La Regina quindi trasmise il suo messaggio
sull’importante incontro appena svoltosi con Lluvia.
“L’umana prescelta è in possesso di un’anima ancora giovane
e questo è stato uno dei motivi per cui il mio sguardo si è posato su di lei.
Un’anima giovane può imparare tanto, non ha ferite significative né traumi
perenni e invalidanti. È curiosa e assetata. Per contro, la sua adesione al
progetto e l’accettazione della nostra realtà richiederanno più tempo, ma sono
sicura che rientreremo bene nei margini che ci spettano. Posso dirmi
soddisfatta. Vorrei ora far apparire fate, fiori e pappagalli nei suoi sogni,
così che l’atmosfera la riporti all’innocenza infantile, dal cui punto di vista
tutto può essere accettato”
Le tribù chiamate in causa acconsentirono subito alla
richiesta della Regina e fecero la conta per vedere chi avrebbe partecipato
all’impresa.
Tra le fate toccò ad
Adàig e Anùl che rotearono liete all’idea, i loro fiori applaudivano lievi nel
vento emettendo nuvole di profumate che resero l’aria carica di ferormoni. Tra
i Pappagalli si offrirono volontari Dvorak e Crimilde, perché il loro candido
piumaggio avrebbe sicuramente illuminato e scaldato il cuore di Lluvia.
Erano tutti pronti. Non rimaneva che attendere che l’umana
si coricasse e cominciasse a sognare.
Quella sera Lluvia era ancora perplessa dal sogno fatto,
anche se era passata un’intera giornata di discussioni, di fatica, di corse
all’ultimo minuto, una classica giornata di una persona che cerca di vivere
pezzo dopo pezzo un’esistenza incatenata a riti disumani, l’autobus della
mattina, il lavoro stressante e sottopagato, la laurea dimenticata, una
delusione via l’altra e l’accontentarsi di quello che si trova, ringraziando
Dio di aver almeno trovato uno straccio di lavoro.
Con questa visione di pessimismo cosmico, Lluvia arrivò
finalmente a letto, troppo stanca per leggere un buon libro come era solita
fare, piombò in un sonno pesante quasi subito.
Il panorama era lo stesso della notte precedente, il
giardino pieno di meraviglie, il sentiero di ghiaia che andava avanti senza
fine, i fiori e gli alberi che emanavano quello strano brillio o di colori
carichi di gioia; questa volta non vide nessun piccolo essere strano venirle
incontro, così si prese più tempo per guardarsi intorno, quasi contenta ma un po’
sconcertata di essere di nuovo lì. All’improvviso vide delle grosse farfalle
sbucare dalle fronde di un albero, coloratissime e molto grandi per essere
delle farfalle e con uno strano corpo ….
“Ma non è possibile! Sì che è possibile, sto sognando! Ma
quelle non sono forse fate?!”
Le due creature
magiche svolazzarono imperturbabili e la meraviglia era che emettevano un
piacevole suono cristallino, come i campanelli della slitta di Babbo Natale, e
ovunque si muovessero al suolo comparivano fiori di tutte le fogge e colori,
cosicché in breve il prato sottostante fu tutto un’aiuola fiorita di rosa,
viola, giallo limone e giallo pompelmo, lilla, blu, blu oltremare.
Che bello questo sogno… da piccola adorava le fate e voleva sempre travestirsi da fatina
a carnevale. Soprattutto le piaceva l’idea di avere le ali e di indossare abiti
coloratissimi senza essere derisa. Seguì le farfalle con molta naturalezza, sentendosi
al sicuro in quell’ambiente pur sconosciuto. La gioia che quella visione le
faceva sgorgare dentro aveva innalzato completamente la sua vibrazione
interiore e sentiva di non dover temere nulla. All’improvviso, quando il
sentiero stava leggermente declinando, mostrando all’orizzonte delle colline ed
il corso di un fiume che la notte scorsa aveva solo udito, vide dei volatili
nel cielo.
Definiamo questo cielo, una distesa limpida color rosa
arancio azzurra, come un’alba costante, di una luminosità tale che ti disponeva
subito nello stato d’animo migliore. In questo cielo aurorale, in cui non si
vedeva il sole, spuntarono due volatili dal meraviglioso piumaggio: due angeli
bianchi splendenti, con due becchi arancio che spiccavano nell’insieme candido.
Erano circondati da un alone enorme, come se avessero un faro puntato addosso,
ed avevano una notevole apertura alare.
Lluvia si fermò immediatamente a bocca aperta, naso
all’insù, mentre le due creature le passavano sopra la testa ad una altezza che
le permise di osservarli bene nei dettagli, le soffici piume del sottopancia,
gli artigli ripiegati.
Accidenti! Che meraviglia!
Ormai era completamente estasiata, fuori di sé dalla gioia e
come una bimba iniziò a saltellare battendo le mani.
La Regina aveva raggiunto il proprio scopo, era riuscita a
far elevare l’energia interiore di Lluvia, risvegliando la bambina che giaceva
da tempo dimenticata e soffocata dalle incombenze quotidiane della vita adulta.
Al risveglio quella persona sarebbe stata già diversa dalla sera prima e
finalmente si riusciva a vedere una luce in fondo al tunnel. Ora avrebbe
pensato al passo successivo e per questo voleva avvalersi dell’assistenza del
Grande Specchio e dell’Occhio nel Cielo. Era sicura che loro avrebbero saputo
darle le risposte che stava aspettando in modo da potersi presentare al
cospetto dei Signori del Tempo con una valida proposta. Nel caso in cui i
Signori non avessero trovato più che idonea la situazione nel pianeta dei
Grigi, non le avrebbero permesso di oltrepassare la Soglia e la sua missione
avrebbe dovuto essere rimandata o forse cancellata per sempre e la Regina
avrebbe fallito lo scopo.
Nel frattempo nel cervello di Lluvia si era insinuato un
suono estraneo, disarmonico, che sembrava arrivare da molto lontano. Il corpo
del sogno fu richiamato al suo posto e quello fisico si rigirò nel letto, in
uno stato d’animo da “intramondo”, come quando non si è completamente rientrati
in sé. Il suono tornò più forte e il sistema nervoso fu definitivamente
attivato dal carattere imperioso di questa intrusione. Lucia alla fine capì
dove si trovava e cosa stava accadendo. Si stirò, face uno sbadiglio, ancora
negli occhi la magica luce, una sensazione di ampio respiro nel cuore. Dopo
tanto tempo era contenta di svegliarsi, di vivere, di affrontare una nuova giornata
che in fondo non sarebbe stata così male se lei l’avesse vissuta con lo spirito
giusto.
Andò in bagno per le solite funzioni e al momento di
vestirsi scelse una bella maglia rossa da abbinare ai jeans, decise anche di
truccarsi e di indossare un paio di scarpe con un po’ di tacco, slanciano
sempre la figura e fanno dondolare i fianchi al punto giusto.
Il cellulare squillò, era Giacomo, per il solito saluto
mattutino.
“Pronto!” rispose con voce squillante.
“Buongiorno! Che bella voce squillante stamattina! Hai
dormito bene!”
“Ho fatto un sogno meraviglioso, era in un prato
coloratissimo pieno di strane creature, è stato così vivido che me lo ricordo
ancora benissimo”
“Sei sempre la solita con la testa per aria, Lluvia.
Ascolta, stasera io ho la cena dai miei, sai che mia madre ci tiene, mi ha
chiamato ieri sera e non ho saputo dirle di no”
“Senti Giacomo, io sono di buon umore e non ho voglia di
farmelo rovinare subito da queste notizie. Stasera avevamo deciso di starcene
soli e mangiare una pizza da me. Non capisco perché tu non glielo abbia detto”
“Bè, Lluvia, sai com’è mia madre, mi ha cucinato le
lasagne…”
“Come vuoi, ma non contare su di me, chiamerò Gioele per
vedere se ha voglia di venire da me”
“Ma come? Non vieni anche tu? Lei se ne dispiacerà!”
“Come no? Sarà felicissima di avere il suo bambino tutto per
sé!”
“Non essere così sarcastica! Possiamo stare insieme domani…”
“Certo, certo… intanto appena lei ti chiama tu corri e sai
che non sopporto quando questo succede. Sei così dipendente da tua madre e non
te ne accorgi neanche”
“Senti Lluvia, adesso non è il momento, devo andare a
lavorare. Ti chiamo più tardi, magari ci vediamo per la pausa pranzo”
Lluvia si sentì così
delusa ed amareggiata dalla solita fine che facevano i loro progetti comuni
anche più semplici che finì per mentire
“Non oggi, ho molto da fare e mangerò qualcosa in ufficio.
Ci sentiamo domani”
“Lluvia…”
“Ciao, devo andare”
Questo comportamento era così tipico di Giacomo. Lei non lo
aveva mai sopportato ma cercava di essere accondiscendente, sperando che lui
aprisse gli occhi un giorno o l’altro, per accorgersi del rapporto
terribilmente irrisolto che lo legava alla madre. Ovviamente non era ancora
accaduto. Quel giorno sentì che era ora di dare un taglio a questa relazione che
fino a quel momento aveva appagato la sua parte insicura, perché se da una
parte detestava quest’aspetto del carattere di Giacomo, dall’altra adorava la
sua affidabilità e il grande senso pratico che mostrava sempre.
Si era però anche resa conto che stava vivendo una relazione
insoddisfacente: Giacomo sembrava molto immaturo e forse sarebbe rimasto così
ancora a lungo. Decise che avrebbe preso seriamente in considerazione questa
idea alla fine della giornata parlandone con la sua amica Gioele.
“ Sono mesi che te lo ripeto” le disse questa al telefono,
“Io stasera non riesco a muovermi, ma una chiacchierata la faccio volentieri.
Non capisco come tu possa resistere in un rapporto a tre: tu, lui e la sua
mammina. Ma quanto potrà mai amarti un uomo così se ancora è rimasto alla fase
orale? Cioè, parla parla ma non concretizza mai”
“Dovrò affrontare l’argomento definitivamente, ma siccome
non voglio metterlo di fronte ad una scelta, che mi potrebbe rinfacciare,
piuttosto me ne vado io, anche se mi costa parecchio”
“Ti riapproprierai di te stessa, e questo non ha prezzo.
Ascolta, la cosa migliore è dormirci su, se ti chiama non rispondere, prenditi
un po’ di tempo, valuta le tue possibilità, che secondo me sono infinite, visto
che sei giovane, attraente e molto sveglia. E comunque se hai bisogno chiamami
a qualsiasi ora. Anzi, fai un favore a te stessa, fai una lista scritta dei pro
e dei contro, a me è servito quando volevo lasciare il posto da decoratrice
d’interni per aprire il mio studio di architettura. Avevo una paura tremenda,
ma di fronte alla lista ho preso il coraggio a quattro mani e mi sono buttata.
È quello che serve a te ora!”
“Grazie Gioele, sai sempre trovare le parole giuste per
mettere a posto il puzzle della mia mente. Ho le cose davanti agli occhi ma non
riesco a percepire la visione d’insieme. Credo che farò come dici tu. Buona
serata cara e a presto!”
Qualcosa era cambiato in lei, una vocina piccola piccola la
stava chiamando verso ciò che sentiva essere una verità personale ed intima
imprescindibile, rimasta nascosta fino ad allora sotto l’impulso di mettere i
desideri altrui davanti ai propri, come se pensare prima a se stessi fosse un peccato di egoismo. Ed
egoismo era, ma sano e naturale. Aveva voglia di aderire solamente a ciò che la
facesse sentire bene ed amata, qualunque cosa, un’immagine felice, il ricordo
del suo gioco preferito, il primo bacio vero, ricevuto da un ragazzo che le era
sempre piaciuto tantissimo, il brivido provato e lo sforzo di staccarsi da
quelle labbra…
Aveva bisogno di rivedere assolutamente le priorità e se
Giacomo non fosse rientrato in questa nuova vibrazione dell’essere, le loro
strade si sarebbero divise.
Una volta intravista la fine dell’arcobaleno non è possibile
girarsi indietro, si è spinti sempre più a cercare il punto in cui la luce
incontra la terra, dove ti aspetta il paiolo dell’oro, per affrontare il
guardiano e guadagnarsi il premio della riappropriazione di se stessi, della
vera parte di noi, la nostra completezza.
Con questa apertura di cuore se ne andò a dormire pensando
contemporaneamente ai due pappagalli candidi sognati la notte precedente.
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